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Dance: the Audition

La danza è un atto espressivo immediato, passionale, che si manifesta e si esaurisce nell’istante in cui è eseguito. Ma per molte persone, questo atto, nella sua transitorietà, è la base su cui costruire la propria vita.

Nel mondo della danza professionale, il movimento è una caratteristica fondamentale, che però si inserisce in un mondo con le sue regole e i suoi percorsi. Un mondo dove si lotta per essere visti e per affermarsi, dove la competitività delle carriere rispecchia il dinamismo della danza.

Dance: the Audition cattura questo mondo nel punto in cui la passione immateriale del ballo comincia a concretizzarsi. Alle audizioni del corso di danza della Michael Mao Dance School, impariamo dai maestri quello che si richiede per trasformare una passione in una professione.

IL MERCATO DELLA DANZA

Come molte forme d’arte, anche la danza è ammantata da un’aura; qualcosa che fa sognare e ricopre questo ambiente, formando la visione e l’idea che ne hanno gli spettatori esterni. E come sempre accade, una volta che ci si entra, la prospettiva cambia drasticamente.

Durante le audizioni dei giovani che dall’Italia sognano di imbarcarsi per frequentare la Michael Mao Dance School, impariamo che il mondo della danza professionale è un mercato. C’è una domanda e un’offerta, una rete di contatti e occasioni da creare, soprattutto c’è molto lavoro da fare.

Attraverso le parole dei professionisti del settore, come il maestro e ballerino solista Antonio Fini, abbiamo una visione interna a questo mercato. E allora capiamo quanto la danza si leghi a questioni culturali, addirittura geopolitiche, in cui gli stili si mescolano e si differenziano, creando diverse scuole di pensiero.

Impariamo come il mercato dell’insegnamento, dove gli studenti diventano clienti delle scuole, abbia abbassato il livello generale, a fronte di un mercato che invece si fa sempre più esigente. E, in particolare, impariamo come le audizioni e le sale da ballo siano un momento cruciale, dove si stabilisce chi potrà lavorare e chi no.

BALLARE TRA DUE MONDI

Durante le audizioni del documentario seguiamo la formazione dei giovani aspiranti ballerini. Accanto a loro, maestri da ogni parte del mondo, ognuno con uno stile diverso. Il loro compito è dare una formazione completa a ragazzi che fino a quel momento hanno danzato come amatori.

Nei gesti energici, nel sudore sui corpi, nell’elasticità composta unita al dinamismo sfrenato possiamo cogliere un’immagine di quella che è la fatica che comporta questo percorso. Tutto questo per rompere i propri limiti, dimostrare non solo il proprio talento, ma anche la versatilità, la capacità di adattarsi e imparare in fretta.

Perché quello che si richiede a dei ballerini moderni non è solo l’abilità di muoversi. Sotto l’occhio attento e a tratti implacabile dei giudici e insegnanti, spiccano dettagli come la respirazione, l’espressività del volto, l’intelligenza manifestata nel moto. Tutto conta in un’arte che coinvolge sia la mente che il corpo e che pretende il massimo da entrambi.

E questa esigenza diventa chiara quando, al termine delle audizioni, assisteremo ai secchi e perentori verdetti del maestro Antonio Fini. Dance: the Audition ci fa capire quanto il mercato della danza, con la sua meritocrazia assoluta e a volte spaventosa, rispecchi alla perfezione la sua arte.

UNO SGUARDO AUTENTICO SUL MONDO DELLA DANZA

Il merito sicuramente più grande di Dance: the Audition è di gettare una luce su un mondo spesso conosciuto in maniera distorta. Eliminando la componente televisiva a cui tanti sono stati abituati dal mondo dei reality show, questo documentario racconta la vera sfida della danza.

Ne esplora le regole, le dinamiche e le fatiche, intavolando non solo uno spettacolo, ma anche una seria riflessione. Raccontando la storia della danza, e più in generale dello spettacolo, il regista Jordan River ne abbatte il mito. Complice anche l’eloquenza schietta e onesta di Antonio Fini, il racconto che vediamo non è una mistificazione, ma un’attenta analisi sulla condizione dell’arte in un mondo fatto anche di mercato.

Quindi, non solo un documentario per chi è interessato alla danza, ma per chiunque voglia interrogarsi su che cosa viene richiesto all’artista nel mondo moderno. Un mondo dove, per citare Murakami, altro artista innamorato della musica e del ballo, chi vuole emergere deve “ballare, ballare, ballare”.

Jordan River continua la sua produzione documentaristica, con il suo stile distintivo e la sua continua ricerca di nuovi argomenti da esplorare. Tra gli altri titoli firmati da lui, ci sono Artemisia Gentileschi: pittrice guerriera e Shaolin Tea Cerimony, che potete vedere rispettivamente qui e qui.

Regia: Jordan River
Genere: documentario
Durata: 52”
Paese di produzione: Italia, USA
Sceneggiatura: Antonio Fini, Michela Albanese, Jordan River
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