Arte, cultura e solidarietà Recensioni

“Reincarnazioni” di Adriano Vianello al Teatro Nuovo di Pisa

Il teatro in streaming: la nuova frontiera

Una cosa è sicura: l’utilizzazione da parte dei soggetti culturali delle piattaforme digitali e dello streaming per poter continuare a raggiungere il loro pubblico, frutto forzoso della chiusura dei cinema, dei teatri e delle sale da musica, una volta usciti dall’emergenza sanitaria non cesserà di esistere, ma diventerà un mezzo diffusivo che si affiancherà alla “presa in diretta” tradizionale.

Da capire come e con quali differenti obiettivi, risorse, programmi, ma certamente sarà così. Dunque, questo proliferare di iniziative digitali realizzate da tutti i soggetti, grandi e piccoli, lungi dall’essere semplicemente uno strumento per gestire l’emergenza e la fase di transizione, in realtà  diventa l’occasione per fare esperienza e per imparare a conoscere come gestire correttamente questi mezzi.

Non uno strumento per sopravvivere, ma una risorsa da sfruttare. E le sorprese di questi ultimi mesi, nel constatare i livelli elevati oramai raggiunti dalle produzioni digitali, sono numerose: penso al magnifico Barbiere prodotto dal Teatro dell’Opera di Roma con la regia di Martone, e penso a questo Reincarnazioni, testo teatrale che Adriano Vianello, autore veneziano purtroppo scomparso dieci anni fa, scrisse nel 1998 e che  Teatro Nuovo di Pisa, per la regia di Tanya Khabarova e con Marco Di Stefano unico attore in scena, ha riproposto in streaming nel gennaio scorso. Lo spettacolo è da oggi visibile nella piattaforma UAM.TV.

Reincarnazioni: una Via crucis in dieci stazioni

La struttura della piece è molto semplice: sono dieci scene, che si svolgono in differenti momenti della storia del mondo (si va dal Paleolitico fino ad un futuro lontano senza data, toccando i grandi eventi bellici dell’umanità-la guerra di Troia, la campagna della Gallia di Giulio Cesare, le Crociate, le guerre del Nuovo Mondo, la Prima Guerra Mondiale, le guerre stellari del futuro) in cui un soldato, solo e a “guardia del nulla, come una radice nel fango”, esprime in un monologo la sua rabbia contro capi e generali, la sua voglia di tornare a casa per riabbracciare moglie e figli, il suo desiderio di tornare ad incarnarsi in un altro uomo che non faccia più il soldato.

Una Via crucis in dieci stazioni attraverso la Storia, dalla quale emerge la sostanziale identità dell’uomo e del suo destino nonostante l’evidente mutamento delle condizioni storiche, economiche e sociali: quel senso di essere stato in altre epoche un altro soldato alle prese con la stessa condizione di sottomissione altro non è che la sottolineatura   del permanere storico della condizione umana fatta di insoddisfazione, desideri pulsionali, senso struggente dell’heimat. Da una parte la Storia e le sue leggi inflessibili, dall’altra le storie individuali che la attraversano nella loro insignificanza. 

La  biologia dell’infelicità

Non direi che si tratti di un testo che faccia dell’antimilitarismo la sua principale chiave di lettura. Certo, le imprecazioni del soldato contro l’insipienza dei generali e la stupidità della sua missione di stare a guardia del nulla, nella piece si sprecano. Ma a mio avviso, il senso ultimo del lavoro di Adriano Vianello non è tanto la condanna della guerra, quanto piuttosto la  constatazione del perpetuarsi biologico dell’ingiustizia sociale e dell’infelicità esistenziale. E questo attraverso la ripetizione dello stesso monologo leggermente variato ed adattato alle contingenze epocali.

Siamo davanti ad un testo che fa del minimalismo la sua struttura intima e il suo fascino sotterraneo: come nelle opere musicali di Philip Glass e Steve Reich la ripetizione ossessiva della stessa frase sonora subisce cambiamenti minimali che producono uno slittamento di senso e di percezione, anche in Reincarnazioni  la ripetizione della stessa situazione (un soldato abbandonato dalla Storia che riflette sulla sua situazione) viene declinata in modo diverso sicchè per ogni epoca abbiamo una testimonianza diversa.

Nella percezione del sacro e della sua progressiva sparizione più avanti si va nel tempo; nell’emergere progressivo da parte dell’uomo di un senso della Storia che trova il suo culmine nella frase del soldato della Prima Guerra Mondiale in trincea  sull’Isonzo : Il secolo è nuovo ma si muore sempre nello stesso modo;  nel progressivo senso di isolamento dell’individuo rispetto alla famiglia, che nelle scene iniziali rappresenta un reale punto di fuga rispetto all’infelicità e allo squallore ma poi si dissolve nelle scene finali, come se nemmeno il pensiero della moglie e dei figli potesse più rappresentare un mezzo di riscatto.

Marco di Stefano in trincea sull'Isonzo in Reincarnazioni al teatro Nuovo di Pisa

La magnifica ossessione del teatro di Adriano Vianello

Il teatro di parola di Adriano Vianello è sempre stato connotato da un linguaggio semplice, chiaro, da un senso della misura e della realtà che sono state le sue principali caratteristiche, molto lontano quindi sia dalle elucubrazioni linguistiche alla Koltés che dagli approcci performativi tipici del teatro degli ultimi decenni. Ma questa apparente semplicità di approccio ha sempre nascosto secondo me un’ossessione, una magnifica ossessione, quella di rappresentare l’uomo nelle sue manifestazioni più dolorose e infelici (la follia, la sottomissione, la costrizione) ed accompagnarlo in un processo di consapevolezza del proprio sé, talvolta anche di liberazione finale.

C’è una persistenza, lungo i 20.000 anni di storia di Reincarnazioni,  un gesto che accomuna tutti questi avatar simbolici della Storia. Ciascuno di loro, durante il monologo, estrae dalla bisaccia una manciata di terra e la deposita sul terreno, a costruire un inizio, una parvenza di heimat, di patria. Un gesto che sembra prefigurare un nuovo inizio, la creazione di un nuovo mondo attraverso la polvere di quello precedente: da questa manciata di terra  nascono non solo i legami indissolubili con le radici della propria esistenza, con le memorie, con il proprio passato, ma anche il senso di un futuro possibile, ancora tutto da costruire. Ed è in questo nuovo possibile futuro che nasce sulle macerie del passato che ravviso, una volta di più,  le stimmate del teatro di Adriano.

Marco di Stefano in Reincarnazioni al teatro nuovo di Pisa - Gennaio 2021

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Nel catalogo pubblico di UAM.TV è’ possibile vedere il trailer dello spettacolo “Reincarnazioni”.

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