Animali

Gatti, magia e spiritualità. Intervista ad Elena Angeli, psicologa e “catblogger” di Amicidichicco.

Il gatto, magia e spiritualità.

Abbiamo oggi il grandissimo piacere di incontrare Elena Angeli, psicologa e psicoterapeuta fiorentina nonché la più importante “catblogger “d’Italia che, nel suo seguitissimo blog  “Amici di Chicco”, dal 2012 si batte per l’adozione di animali adulti dai gattili e canili.

Autrice di numerose pubblicazioni e profonda conoscitrice del mondo felino, ha appena pubblicato per casa editrice “El Squero” un originalissimo studio sul comportamento felino dal titolo “La psicologa dei gatti”, in cui osserva, analizza e descrive in maniera elegante e piena di sapienza, il mondo di questi meravigliosi animali.

Elena e la sua inseparabile Sissi

Gli argomenti trattati sono molteplici e innovativi e spaziano da preziosissimi consigli sull’arricchimento ambientale “a misura di gatto”, a suggerimenti speciali sull’importanza dell’attività ludica dei nostri amati pelosi e a come organizzare e pianificare le “sessioni di gioco” così importanti per il loro equilibrio emotivo. Un ruolo centrale è dato allo studio della comunicazione che si instaura tra gatto e umano, a partire dalle carezze e dagli sguardi per arrivare ad una vera e propria descrizione della psicologia del gatto e della sua Intelligenza Emotiva.

Elena, con questo lavoro, aiuta noi lettori a comprendere meglio la mente di un animale ancora molto incompreso  e per certi versi  misterioso, sfatandone pregiudizi e luoghi comuni ancora molto diffusi.

Ed è proprio del lato insondabile e nascosto del gatto che vogliamo parlare oggi con Elena. Una caratteristica che nei secoli lo ha spesso fatto accostare al mondo della magia, del soprannaturale e della spiritualità, rendendolo tramite tra ciò che è reale e tangibile e ciò che non possiamo vedere.

Cara Elena, perché i gatti hanno sempre suscitato nell’uomo vari tipi di incarnazione simbolica? Può essere  dovuto alla loro conformazione fisica, in particolare alla grandezza dei loro occhi?

Sappiamo infatti che il gatto è in cima alla classifica degli animali con un alto rapporto tra la dimensione dell’iride e quella del corpo. E’ possibile che attraverso gli occhi si mettano “magicamente” in contatto con la natura e l’universo?

“E’ nei loro occhi che risiede la magia”. Adoro questa frase di Arthur Symons tanto che l’ho citata anche nel mio libro. Penso che ci sia molto del vero. Oltre alla conformazione fisica che tu citavi, gli occhi dei gatti hanno anche un’altra caratteristica, che li rende particolarissimi.

I felini infatti hanno uno speciale strato di cellule posizionate sul retro della retina che funziona da catarifrangente, ovvero cattura la poca luce presente per sfruttarla al meglio nella visione notturna. Il gatto infatti è predatore crepuscolare e il “tapetum lucidum” (si chiama così) gli serve per poter vedere meglio le sue prede al buio. Il risultato è che i loro occhi nel buio sembrano illuminarsi. E poi non dimentichiamoci la forma particolarissima della pupilla, allungata. Come si fa a non rimanerne affascinati?

Scintilla – (Foto di Sebastiano Vianello)

Infinite sono le superstizioni e le leggende sul gatto sopravvissute al tempo, di segno sia positivo che negativo. Come mai secondo te? Quali sono le caratteristiche del comportamento felino che maggiormente hanno suscitato tale ingente produzione di storie, credenze e rappresentazioni?

Beh, sicuramente alcune caratteristiche del gatto come animale hanno favorito l’origine e la diffusione di queste storie.

Basti pensare all’assurda superstizione sui gatti neri, che porterebbero sfortuna. Sembra che sia un pregiudizio strutturatosi nel secolo scorso, quando i gatti dal manto scuro non venivano visti di notte dai cavalli che trainavano le carrozze, che quindi si spaventavano e facevano deragliare il mezzo.

Spesso il gatto è stato considerato protettore delle case e guardiano dell’oltremondo. In epoca egizia si diffuse un vero e proprio culto del gatto come simbolo di bellezza e fertilità.   In quasi tutte le più importanti religioni della storia dell’uomo, dall’islamismo, all’induismo e al buddhismo, il gatto ha incarnato valori positivi legati spesso all’interiorità e alla ricerca spirituale. Il Cattolicesimo invece lo associa al male, alla lussuria e alla perdizione, tanto da subire una, se ci è concesso dire, ridicola scomunica ad opera di Papa Gregorio IX nel 1227,  che lo definisce (preferibilmente se nero) l’incarnazione di Satana. Come mai secondo te è potuto accadere questo ribaltamento di valori?

Non sono un’ esperta di storia ma, come accennato prima, alcune peculiarità distintive del gatto possono sicuramente aver favorito questo ribaltamento di valori.

Pensiamo ad esempio alla silenziosità: il gatto è un predatore e come tale è dotato di “gommini” sotto le zampe che gli permettono di avvicinarsi alla preda senza fare rumore. Ecco, immaginiamoci questa caratteristica etologica molto importante in un contesto come quello del medioevo. I gatti “apparivano” come dal nulla alla vista delle persone. In realtà erano soltanto animali estremamente silenziosi, ma se aggiungiamo a questo la suggestionabiltà delle persone e i loro occhi gialli e catarifrangenti…insomma non è difficile immaginare perché venivano associati alla presenza delle Streghe e del Demonio.

Il buddhismo come abbiamo detto lo considera invece la rappresentazione della spiritualità. E a noi di Uam TV questo aspetto interessa moltissimo, dato che gli argomenti che trattiamo sono in prevalenza legati alla ricerca interiore e all’equilibrio tra mente, corpo e spirito. Il gatto, con la sua calma e i suoi lunghi silenzi, sembra essere un perfetto esempio di meditatore zen….cosa ne pensi?

Il gatto è la rappresentazione vivente di una caratteristica molto studiata in psicologia che è l’assertività. Il gatto è talmente in contatto con ciò che vuole, con ciò che desidera, con ciò che lo fa stare bene che, semplicemente, lo fa. Senza essere aggressivo, ma anche senza essere accondiscendente e soprattutto senza paura di deludere gli altri.

Il gatto non vuole essere amato da tutti ma solo da quelli che lui ha scelto di amare.

E poi è vero che il gatto è un animale sociale, ma è anche capace di passare molto tempo da solo. Anzi, ti dirò di più: lui ha BISOGNO, di tanto in tanto di allontanarsi da tutto e da tutti e di prendersi del tempo per sé. Questo serve al gatto per decomprimere lo stress accumulato e per ritrovare il proprio centro.

Tutto ciò ricorda molto la mindfulness e le pratiche di meditazione che sono molto in voga negli ultimi anni anche nella cultura occidentale.

Possiamo dire che il gatto medita da secoli…

Pomaia (PI) – Istituto Lama Tzong Khapa. (Foto di Marianna Zampieri)

Sappiamo che proprio per queste sue caratteristiche riflessive ed empatiche è spesso definito un “antidepressivo naturale” ed è caldamente consigliato come compagno ideale per persone con problemi legati all’inquietudine, all’ansia e al male di vivere. Come psicoterapeuta senti di poter condividere e suggerire questa suggestiva idea di gatto-calmante?

Mi fa piacere che tu mi abbia fatto questa domanda perchè io ho un’idea un po’ politicamente scorretta sui poteri “curativi” degli animali e sulla pet therapy in generale.

Molto spesso infatti si pensa che siano gli animali stessi, o delle loro specifiche caratteristiche, ad avere un potere benefico per gli esseri umani. In realtà ciò che cura davvero è la Relazione che si instaura con il gatto. E la Relazione è un qualcosa che si costruisce con il tempo, con dedizione, con amore e con impegno, giorno dopo giorno. Ma è lei ad avere un grande potere trasformativo, non la semplice presenza dell’animale in casa.

Prendersi cura di un gatto è dunque si, un antidepressivo naturale molto efficace. A patto che tra te e quel gatto ci sia un legame e un affetto sincero. E’ il prendersi cura dell’altro che cura un po’ anche noi…

“Prendersi cura una dell’altra” (Elena e Sissi).

Per concludere vorrei sconfinare nel mondo della poesia. Quando pensano, diceva il grande scrittore americano T.S.Eliot nel suo “Libro dei gatti tuttofare”, i gatti pensano al loro nome. Ti vorrei fare una domanda  “difficile” che personalmente mi pongo da quando ero una bambina già innamorata dei gatti e lettrice di poesie:

Cosa pensi che volesse dire Eliot? E’ forse in questa splendida asserzione che si racchiude tutto il loro mistero?

Caspita! Questa è una domanda difficile davvero!

La verità è che sulle caratteristiche specifiche delle sue attività cognitive sappiamo ancora poco.

E poi non è che il gatto “pensa” come intendiamo noi: ma questo non significa che non sia capace di attività cognitiva. Anzi! Quello che è certo è che gli studi dell’etologia degli ultimi anni stanno sempre più dimostrando che gli animali sono capaci di sperimentare emozioni, motivazioni, stringere relazioni e conservare ricordi. Insomma i gatti hanno una mente che pensa nel senso che processa ed elabora informazioni. Su cosa di preciso, rimarrà un mistero…

Conclusioni:

Ringraziamo infinitamente Elena, che ci ha aiutato ad esplorare il lato più affascinante e a comprendere l’ essenza magica e spirituale di questo splendido animale, il gatto, compagno impagabile e presenza insostituibile per molti di noi.

Tutto lo staff di UAM TV si associa agli hashtag di Elena Angeli e del suo fantastico blog, che vi invitiamo a seguire, www.amicidichicco.it:

#adottanoncompraremai #adottaungattoadulto

Se ami anche tu gli animali, e i gatti in particolare, non perderti sulla nostra piattaforma il film“Cat people”, un bellissimo documentario che racconta il meraviglioso mondo dei piccoli felini.

Lascia un commento