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I giorni inermi: il valore dimenticato del tempo

  • Immagine del redattore: Redazione UAM.TV
    Redazione UAM.TV
  • 13 minuti fa
  • Tempo di lettura: 2 min

Tradizioni popolari del tempo che non avanza

I giorni inermi: il valore dimenticato del tempo

Tra Natale e Capodanno esiste un tratto di calendario che molte culture hanno sempre guardato con rispetto e cautela. Non è festa piena, non è lavoro, non è inizio né fine. Sono giorni che sembrano sottratti al ritmo ordinario, come se il tempo stesso rallentasse o si ritirasse di un passo. Giorni inermi, incapaci di generare azioni immediate, ma densi di significato.

Nelle tradizioni popolari europee si diceva che in questo periodo fosse meglio non cominciare nulla di nuovo. Nessun matrimonio, nessuna semina, nessuna decisione irreversibile. Non per superstizione, ma per intuizione profonda. Il tempo non era pronto a sostenere un inizio. Era un tempo di passaggio.


Un tempo fuori dal tempo


In molte zone dell’Europa centrale i giorni tra Natale e l’Epifania venivano percepiti come una sospensione dell’ordine consueto. Le notti erano considerate permeabili, attraversabili. Il confine tra il visibile e l’invisibile si assottigliava, e per questo si osservavano i sogni, si ascoltavano i racconti, si faceva silenzio.

Non si trattava di credenze ingenue, ma di una forma di conoscenza simbolica. Un modo per riconoscere che non tutto deve produrre risultati, che non ogni giorno serve a spingere in avanti. Alcuni giorni servono a restare. A prendere posizione nel vuoto.


Il valore del non fare


Durante questi giorni molte attività venivano sospese. Non si filava, non si cuciva, non si tagliava. Il gesto tecnico lasciava spazio all’attesa, alla veglia, alla parola lenta. L’azione si ritraeva per non interferire con un ordine più grande, invisibile ma percepito.

Oggi questa intuizione appare quasi incomprensibile. La nostra cultura vive il tempo sospeso come un’anomalia da colmare, un vuoto da riempire. Eppure è proprio questo vuoto a metterci in contatto con ciò che durante l’anno copriamo con l’urgenza del fare.


Il focolare e l’attesa


Nelle case il fuoco restava acceso più a lungo. Non solo per scaldare, ma per custodire. Il focolare era il centro simbolico di questi giorni, luogo di silenzi condivisi, di storie ripetute, di una presenza che non aveva bisogno di parole.

Non si chiedeva al futuro di arrivare in fretta. Lo si lasciava avvicinare da solo. L’attesa non era passiva, ma vigile. Un modo di stare nel tempo senza forzarlo.


Un insegnamento dimenticato


I giorni inermi ci ricordano che esiste un tempo che non produce risultati immediati, ma prepara il terreno. Un tempo che non si misura in obiettivi, ma in ascolto. Un tempo che non va ottimizzato, ma abitato.

Forse il loro insegnamento più profondo è proprio questo. Non tutto ciò che conta si muove. Alcune cose maturano solo quando smettiamo di spingerle.

In un mondo che continua a correre anche quando non serve, il 27 dicembre resta una soglia. Un invito discreto a non affrettare il passo. A restare ancora un momento in quel silenzio fertile che precede ogni vero inizio.


Citazione d’autore

“Ci sono tempi in cui nulla sembra accadere, eppure tutto sta prendendo forma.”

Rainer Maria Rilke

Consiglio consapevole

Concediti oggi un gesto che non serve a nulla, nel senso più alto del termine. Una camminata senza meta, una candela accesa senza rituale, una pagina letta senza doverla ricordare. Nei giorni inermi, lascia che il tempo non ti chieda nulla. A volte è proprio così che ricomincia a curare.


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