Pompei. 24 agosto 79 d.C.
- Redazione UAM.TV

- 24 ago
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Quando la cenere diventò memoria

Una voce dalla cenere
“Il giorno era cominciato come tanti altri. Avevo appena preso il pane caldo, lo tenevo tra le mani, ancora avvolto dal panno. Sentii un tuono lontano, ma non c’erano nuvole in cielo. Alcuni gridavano, altri correvano. Io rimasi immobile, lo sguardo rivolto verso la montagna che conoscevo fin dall’infanzia. Non avevo mai visto il Vesuvio in quel modo: era come se si fosse squarciato, riversando in cielo fiamme e cenere.
Provai a fuggire, ma l’aria si fece pesante, il buio scese all’improvviso. Tossivo, cercavo il respiro, stringevo il pane come fosse un’àncora. Poi un calore improvviso, una pressione insopportabile, e il corpo si fermò. Tutto finì così.
Oggi so che di me non è rimasto nulla, solo la forma che il mio corpo ha lasciato nella cenere. Eppure da quella impronta continuo a parlare. Racconto a chi mi guarda che la vita può spegnersi in un istante, che ciò che teniamo tra le mani – un pane, un sogno, un volto amato – è il tesoro più grande che abbiamo. Non sprecate il vostro tempo: vivetelo.”
La catastrofe che fermò il tempo
Il 24 agosto del 79 d.C. il Vesuvio si destò con un fragore che squarciò il cielo e la terra. Le città di Pompei ed Ercolano, insieme ad altri centri minori, vennero travolte da un’eruzione devastante che non lasciò scampo. Case, strade, affreschi, oggetti quotidiani e soprattutto vite umane furono sepolti in un istante sotto una pioggia di fuoco, lapilli e cenere che non fece sconti.
Eppure, proprio in quella distruzione, la memoria ha trovato un modo di sopravvivere. Quello che sembrava perduto per sempre, con i secoli è riemerso intatto, come se la natura avesse scelto di custodire il ricordo più che cancellarlo. La tragedia si è trasformata in testimonianza, e il silenzio di quella giornata continua a parlare a chi sa ascoltare.
La fragilità dell’esistenza
Ogni volta che contempliamo le rovine di Pompei ed Ercolano, ci troviamo di fronte a un pensiero semplice e potente: la vita è fragile. Bastò una mattina apparentemente normale, una di quelle giornate estive che profumano di quotidianità, perché tutto fosse stravolto. Le persone stavano comprando pane, chiacchierando in una bottega, progettando il domani. Nessuno poteva immaginare che quel domani non sarebbe mai arrivato.
Questo ci ricorda che il futuro non è mai garantito, che ciò che possediamo e diamo per scontato vive in un equilibrio precario. Non è un invito alla paura, ma alla consapevolezza: sapere che la vita è fragile significa riconoscerne il valore, senza rimandare, senza lasciarla scivolare via.
L’imprevedibilità della natura
Il Vesuvio, con la sua eruzione, ci insegna che la natura non è una cornice passiva delle nostre esistenze, ma una forza viva e autonoma. Non possiamo piegarla alla nostra volontà, non possiamo ridurla a semplice risorsa da sfruttare. È la stessa natura che ci nutre, ci accoglie e ci offre bellezza a sorprenderci con la sua imprevedibilità.
Ogni terremoto, uragano, incendio o eruzione ci pone davanti alla stessa verità: siamo ospiti, non padroni. La natura non è nemica, ma nemmeno addomesticabile. Il nostro compito non è controllarla, bensì imparare a rispettarla e ad ascoltarla, perché dentro la sua imprevedibilità si nasconde un’armonia che non ci appartiene, ma a cui possiamo accordarci.
La cenere come nutrimento della coscienza
Pompei ed Ercolano, sepolte e dimenticate per secoli, oggi sono luoghi in cui il tempo sembra essersi fermato. Le strade, i mosaici, gli utensili domestici, i corpi cristallizzati nell’ultimo gesto: tutto parla. Quelle città non sono solo siti archeologici, ma portali che ci permettono di guardare negli occhi la storia e di ascoltare ciò che la vita e la morte hanno da dirci.
La cenere che un tempo ha soffocato respiri e speranze oggi diventa nutrimento per la coscienza. Ci insegna che nulla si perde davvero, che persino la fine può trasformarsi in memoria fertile, in radice che alimenta la nostra comprensione. Camminare tra quelle rovine è come sfogliare un libro scritto non con inchiostro, ma con il silenzio di chi è venuto prima di noi.
Vivere pienamente, oggi
Forse il lascito più grande di quella tragedia è un messaggio che non riguarda il passato, ma il presente. Ogni istante va vissuto. Non sappiamo quanto tempo abbiamo, non conosciamo quali eruzioni ci aspettano, ma abbiamo la libertà di abitare il momento che ci è dato.
Vivere pienamente non significa inseguire continuamente emozioni straordinarie, ma saper riconoscere l’unicità di ciò che già c’è: un abbraccio, un tramonto, una parola che guarisce, un silenzio che consola. L’eruzione del Vesuvio ci ricorda che il tempo non aspetta, che ogni occasione rimandata può diventare occasione perduta. Non c’è nulla di più sacro del presente.
Citazione d’autore
“Cogli l’attimo, confidando il meno possibile nel domani.”
Orazio
Consiglio consapevole
Oggi prova a fermarti, anche solo per qualche minuto. Respira, osserva ciò che hai intorno, lascia che la gratitudine ti attraversi. Se c’è qualcosa che rimandi da troppo tempo – un gesto, una parola, una scelta – prova a farla adesso. Non perché il futuro sia minaccia, ma perché il presente è dono, fragile e luminoso come la vita stessa.






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