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Hiroshima, 6 agosto 1945: quando l’umanità perse se stessa

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    Redazione UAM.TV
  • 6 ago
  • Tempo di lettura: 3 min

Un lampo, un'ombra, e la domanda che ancora ci interroga: chi vogliamo essere?

Hiroshima, 6 agosto 1945: quando l’umanità perse se stessa

Ci sono giorni che non si possono archiviare nella memoria. Giorni che non finiscono mai, perché la loro eco continua a vibrare nelle ossa dell’umanità.Il 6 agosto 1945 è uno di questi.

Quella mattina, un sole artificiale si accese su Hiroshima. In pochi secondi, una città viva – fatta di persone, alberi, sogni, bambini che andavano a scuola – fu trasformata in silenzio e cenere. Era la prima volta che l’uomo usava su se stesso un potere che fino ad allora aveva solo attribuito agli dèi: il potere di distruggere tutto.

Ma il vero crimine non fu solo la morte. Fu la rottura del patto invisibile tra umanità e sacralità della vita.


Il punto di non ritorno


Con Hiroshima, la scienza smise di essere strumento e divenne ideologia. Una fede cieca nel potere di controllare ogni cosa – anche il mistero.

Quel giorno, la mente dell’uomo arrivò ovunque, ma il suo cuore restò indietro. E da allora viviamo in questa frattura: capaci di esplorare l’universo, ma incapaci di rispettare il volto di chi ci cammina accanto.

Il filosofo indiano Krishnamurti scrisse:

“La scienza ha reso l’uomo capace di volare come un uccello e nuotare come un pesce, ma ha dimenticato di insegnargli a vivere come un essere umano.”


Il silenzio non basta: l’accusa


Non fu un errore. Fu una scelta. Lucida, strategica, disumana.

Nessuna necessità militare obbligava gli Stati Uniti a sganciare la bomba. Il Giappone era già vicino alla resa. I generali lo sapevano. Gli scienziati lo sapevano. Anche chi premeva il bottone, in fondo, lo sapeva.

Fu un atto di potere. Una dimostrazione muscolare rivolta al mondo – e soprattutto all’Unione Sovietica.

Fu la politica del terrore, travestita da necessità bellica. E ancora oggi, nel 2025, continuiamo a vivere sotto quella stessa minaccia.

I governi parlano di pace, ma accumulano armi. Parlano di sicurezza, ma alimentano la paura. Parlano di libertà, ma costruiscono scenari di guerra.

L’idea che la pace si mantenga attraverso la minaccia di distruzione totale è un inganno colossale, figlio di un pensiero maschile, lineare, predatorio, incapace di immaginare alternative alla violenza.

Non c’è nulla di spirituale in chi giustifica l’apocalisse come “deterrente”. Non c’è saggezza in chi costruisce il futuro con mano armata. E non c’è giustizia in chi, ancora oggi, difende Hiroshima come "necessaria".


Il vuoto, e poi la preghiera


Eppure, in mezzo alle macerie, qualcosa sopravvive.

Non parliamo di corpi o di rovine. Ma di presenza spirituale.

I monaci zen che oggi meditano davanti alla cupola spezzata del Genbaku, i canti silenziosi delle donne hibakusha, i bambini che piantano origami colorati nel parco della pace… sono semi piantati nel vuoto.

E quel vuoto – paradossalmente – è divenuto fertile.

Hiroshima ci chiede di ascoltare.

Non per giudicare, ma per trasformare.


Il significato occulto del lampo


Ogni tragedia collettiva porta con sé una lezione sottile, come un koan zen che non può essere risolto con la logica.

Perché abbiamo fatto questo?

Perché abbiamo dimenticato che la vita è sacra?

Il lampo di Hiroshima fu anche uno specchio cosmico. Ci costrinse a guardarci con occhi nuovi. A chiederci non tanto cosa siamo in grado di fare, ma chi vogliamo essere.

Se siamo capaci di creare inferni sulla terra, allora possiamo anche creare paradisi. Se possiamo distruggere tutto in un solo attimo, allora possiamo anche guarire, scegliere, custodire.

E forse è proprio da lì, da quella luce insopportabile, che nasce oggi una nuova spiritualità del limite, della compassione, dell’umiltà.


Non dimenticare è un atto sacro


Ricordare Hiroshima non è una commemorazione. È una meditazione collettiva sulla nostra ombra.

Perché solo quando accettiamo di guardarla, senza paura, possiamo finalmente iniziare a guarire.

Nelle culture spirituali, il fuoco può purificare o distruggere.

A noi la scelta.

Ogni giorno, in ogni gesto.


Citazione d’autore

“Il vero progresso dell’umanità non sarà misurato da ciò che sa costruire, ma da ciò che saprà proteggere.”

Thich Nhat Hanh

Consiglio consapevole

Prenditi oggi un minuto di silenzio. Non per il passato, ma per il futuro.

Chiudi gli occhi e lascia che una sola domanda ti attraversi:

“Sto creando o sto distruggendo?”

Poi, agisci di conseguenza. Anche se si tratta solo di un pensiero gentile.


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