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Oltre l’impossibile: storia delle imprese che oggi sembrano folli, ma hanno cambiato il mondo

  • Immagine del redattore: Sebastiano Vianello
    Sebastiano Vianello
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 4 min

La Luna non fu un miracolo. Fu solo l’ultima di una lunga serie di follie andate a segno.

Oltre l’impossibile

Quando l’impossibile era l’unica strada


C’è chi ancora oggi non crede che nel 1969 siamo andati sulla Luna.

Perché i mezzi dell’epoca erano troppo rudimentali. Perché la tecnologia era primitiva. Perché era semplicemente impossibile.

Eppure, l’intera storia dell’umanità è un susseguirsi di imprese compiute in condizioni estreme, con strumenti minimi, sfidando la morte e l’ignoto.

Tutte realizzate con il rischio costante di fallire.

E spesso a costo della vita.


I primi a lanciarsi nel buio


Nel 1519, Ferdinando Magellano salpò verso l’oceano aperto su navi di legno, tra tempeste, ammutinamenti, fame e malattie. Non sapeva cosa avrebbe trovato. Morì prima della fine. Solo una delle cinque navi tornò.

E fu così che l’uomo circumnavigò per la prima volta la Terra.

Un’impresa che oggi definiremmo suicida.


Nel 1804, Alexander von Humboldt attraversò le giungle e i vulcani del Sud America con il rischio continuo di febbri mortali, serpenti, tribù ostili e fiumi in piena. Nessuna possibilità di comunicare. Nessuna medicina. Solo un taccuino e la sete di conoscenza.


Nel 1857, Richard Francis Burton si spinse nell’Africa nera alla ricerca delle sorgenti del Nilo. Si finse musulmano per attraversare La Mecca, rischiando la morte per eresia in ogni momento. Sopravvisse alla malaria, ai proiettili e all’isolamento. Portava con sé solo coraggio, intuito e ostinazione.


Ghiacci, dirupi e disperazione


Nel 1911, Roald Amundsen raggiunse il Polo Sud con mezzi primordiali. Temperature sotto i –40°C, visibilità nulla, rischio di perdersi per sempre tra i ghiacci. Non c’era possibilità di soccorso. Se avessero sbagliato rotta, sarebbero morti tutti.

Non sbagliarono. Ma fu questione di dettagli.


Nel 1912, Robert Falcon Scott arrivò pochi giorni dopo. Ma il ritorno fu un’agonia. Gelo, scorbuto, esaurimento. Morì scrivendo un diario lucido e struggente. Ogni passo era una condanna. Ma nessuno si fermò.


Nel 1915, Ernest Shackleton vide la sua nave stritolata dai ghiacci antartici. I suoi uomini rimasero isolati per mesi. Poi attraversarono il mare in tempesta su una scialuppa aperta, senza alcun riparo. Superarono montagne e abissi, con cibo razionato e mani congelate.Tornarono. Tutti vivi. Un miracolo costruito sul bordo del baratro.


Nel 1924, George Mallory e Andrew Irvine tentarono l’Everest con abiti di lana e ossigeno rudimentale. Nessuna corda affidabile, nessuna mappa precisa. Non fecero mai ritorno.

Forse furono i primi a raggiungere la vetta.Ma la montagna non lo disse a nessuno. Solo nel 1999, il corpo congelato di Mallory fu ritrovato. E sul suo volto, dicono, c’era pace.


Nel 1926, Umberto Nobile affrontò i cieli artici con un dirigibile fragile, privo di ogni sistema di sicurezza moderno. Tornò vivo. Ma nel 1928, il suo dirigibile Italia precipitò sui ghiacci. I superstiti resistettero giorni tra tormenta, fame e disperazione. Alcuni morirono. Altri furono salvati.

Nobile tornò. Ma non fu più lo stesso.

Ogni volo era una sfida alla sorte.


Nel 1930, Auguste Piccard salì nella stratosfera dentro una capsula pressurizzata appesa a un pallone aerostatico. Nessun precedente, nessuna certezza di sopravvivenza. Bastava un difetto minuscolo per morire nel vuoto. Ma da lassù vide la curvatura della Terra.

E la storia cambiò quota.


Idee che sembravano pazzie


Nel 1817 nacque la bicicletta, e fu subito un mezzo instabile, insicuro, senza freni e senza strade. Chi la guidava cadeva. Si rompeva le ossa. Ma era l’inizio di una nuova libertà.


Nel 1825 entrò in funzione la prima ferrovia per passeggeri. Le locomotive a vapore esplodevano. I binari si rompevano. La gente aveva paura che viaggiare a 30 km/h potesse uccidere. Ma la rivoluzione era inarrestabile.


Nel 1863 si progettò il sottomarino elettrico. Un tubo di ferro immerso nell’abisso, senza radar né comunicazione. Bastava un guasto per morire soffocati nel buio.


Nel 1903, i fratelli Wright fecero volare un aereo di legno e tela. Un attimo prima era un rottame con le ali. Un attimo dopo, la storia era cambiata. Ogni decollo poteva essere una caduta fatale.

Eppure volarono.

E non si fermarono più.


Il passo più lungo


Nel 1969, tre uomini — Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins — salirono a bordo dell’Apollo 11.

Il computer di bordo aveva meno memoria di una calcolatrice da supermercato.

Il modulo lunare era rivestito con fogli d’alluminio.

Non esisteva margine d’errore. Un errore avrebbe significato la morte, senza possibilità di soccorso.

Ma non sbagliarono.


Non fu un miracolo. Fu la continuazione di ciò che abbiamo sempre fatto: affrontare l’ignoto sapendo che potremmo non tornare.

Inventare il nuovo accettando il rischio del disastro.


La verità è questa


Tutte queste imprese furono compiute con mezzi che oggi ci sembrano ridicoli.

Oggi nessuno oserebbe attraversare un oceano su una caravella, scalare una montagna in abiti di lana, volare appeso a un pallone, immergersi in un cilindro metallico o andare sulla Luna con un computer da 64k.

Chi proponesse oggi di fare le stesse cose, con gli stessi strumenti, verrebbe tacciato di follia.

E forse arrestato per tentato suicidio.


Eppure, sono proprio quelle "follie" ad aver costruito il nostro mondo.


La Luna non fu un’eccezione.

Fu solo un altro passo in quella direzione: avanti, nonostante tutto.

Perché è così che siamo fatti.

Da sempre.


Citazione d’autore

"Chi ha detto che è impossibile non dovrebbe disturbare chi ce la sta facendo." Albert Einstein

Consiglio consapevole

Ogni impresa ha inizio con un passo incerto.

Non aspettare che tutto sia perfetto.

Comincia. Fallo anche se hai paura. Anche se ti dicono che non si può.

Perché forse, fra cento anni, il tuo coraggio sarà il punto di partenza di qualcun altro.


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