Lo sport per i diritti umani
- Beatrice Vianello
- 6 lug 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Questa sera saremo tutti incollati alla tivù per vedere la classica sfida tra Italia e Spagna, nella semifinale del Campionato europeo di calcio 2020.
Ma non solo. Vogliamo vedere se gli azzuri ripeteranno senza indugi, come con il Belgio, il gesto di fortissima valenza simbolica di inginocchiarsi tutti insieme prima della partita, finalmente liberi dalle indecisioni e i dubbi iniziali.
Questo gesto, simbolo di lotta per i diritti umani, è tornato con prepotenza sulla scena mondiale dopo la morte del cittadino americano George Floyd, ucciso da un agente di polizia il 25 maggio 2020 a Minneapolis.
Si tratta di un piccolo ma grande atto di solidarietà che sembrerebbe trarre origine da un’immagine del 1780 – uno schiavo in catene inginocchiato – adottata come simbolo dal movimento abolizionista britannico nel 1800: “Non sono io un uomo e un fratello?” recita la scritta a margine del disegno.

Il gesto di Colin Kaepernick nel 2016
La fotografia di King in ginocchio è tornata a circolare in maniera virale negli Stati Uniti dopo che il giocatore di football Colin Kaepernick, nel 2016, ripete quel gesto seguito da molti suoi compagni, mentre nello stadio si diffondono le note dell’inno nazionale. L’atleta spiega:
“Non starò in piedi per mostrare orgoglio per la bandiera di un paese che opprime i neri e le persone di colore. Per me, questo gesto è più importante del calcio e sarebbe egoistico da parte mia guardare dall’altra parte“.

La grande visibilità dello sport diviene strumento per diffondere valori di uguaglianza e solidarietà
La grande visibilità degli atleti che disputano competizioni nazionali e internazionali diventa uno strumento per diffondere – pacificamente – un pensiero di protesta e mostrare un atteggiamento solidale nei confronti di chi, appartenendo a minoranze deboli e discriminate, troppo spesso non ha voce.
Mail gesto più eclatante rimasto nella storia dello sport, è sicuramente quello dei due velocisti afroamericani Tommie Smith e John Carlos, alle Olimpiadi del 1968, che, a piedi nudi sul podio della gara dei 200 metri, con la testa china alzarono il pugno chiuso verso il cielo, mentre suonava l’inno statunitense.

E noi di UAM.TV ci associamo sicuramente a questo pensiero, appoggiando senza alcun dubbio ogni gesto utile a muovere anche solo una coscienza verso la Fraternità e l’Uguglianza.
E, comunque vada, FORZA AZZURRI!
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