Le cose migliori e più belle non si vedono con gli occhi
- Redazione UAM.TV

- 3 ore fa
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La libertà comincia quando smetti di chiederti cosa è normale.

Ci sono film che non chiedono attenzione, ma presenza. Film che non vogliono spiegare il mondo, bensì metterlo in discussione. Best and most beautiful things appartiene a questa categoria rara e preziosa. Non cerca di rassicurare, non semplifica, non addolcisce. Racconta una vita che si sta formando, mentre rifiuta di essere normalizzata.
Il titolo riprende una celebre frase di Helen Keller, e non potrebbe essere più appropriato. Questo documentario ci accompagna in un percorso che invita a spostare lo sguardo, ad affinare l’ascolto, a riconoscere che ciò che conta davvero non sempre è immediatamente visibile.
Michelle e il momento fragile del diventare adulti
Al centro del film c’è Michelle, una giovane donna cieca e autistica nel momento delicato in cui l’adolescenza si dissolve e l’età adulta comincia a prendere forma. Un passaggio che per molti è già carico di incertezze, aspettative, paure. Per lei, questo attraversamento diventa anche un confronto costante con un mondo che tende a decidere al posto suo cosa sia possibile, appropriato, accettabile.
Il documentario segue Michelle nel suo tentativo di costruire una vita indipendente, di immaginare un futuro che non coincida con le previsioni altrui. Il lavoro che arriva e poi scompare, i sogni che cambiano direzione, le relazioni affettive, il desiderio di vivere da sola, di sostenersi, di scegliere. Tutto avviene davanti alla macchina da presa con una sincerità che non cerca mai l’effetto.
Oltre la disabilità, dentro la complessità
Uno degli aspetti più forti di Best and most beautiful things è il modo in cui rifiuta di trasformare la disabilità nel centro narrativo. La cecità e l’autismo non vengono negati, ma nemmeno usati come chiave unica di lettura. Sono parti di Michelle, non la sua definizione.
Ciò che emerge con forza è la sua complessità. Michelle non è un simbolo, non è un esempio edificante, non è una lezione di vita confezionata per lo spettatore. È una persona che sperimenta, sbaglia, cambia idea, si espone, si contraddice. Ed è proprio questo che rende il film profondamente umano.
Disimparare la normalità
Nel corso della visione, la parola “normalità” perde progressivamente consistenza. Diventa qualcosa di fragile, artificiale, spesso imposto. Michelle parla apertamente del bisogno di disimparare ciò che le è stato insegnato. Disimparare le aspettative, i ruoli assegnati, le forme di protezione che finiscono per diventare gabbie.
Il film mostra come la normalità venga spesso utilizzata come strumento di controllo più che come spazio di possibilità. E invita lo spettatore a chiedersi quante scelte, nella propria vita, siano davvero proprie e quante invece siano il risultato di un adattamento silenzioso.
Un film che non offre risposte facili
Best and most beautiful things non propone soluzioni, né percorsi lineari. Non c’è una redenzione finale, né un traguardo definitivo. C’è piuttosto un movimento continuo, fatto di tentativi, arretramenti, intuizioni improvvise. Crescere, qui, non significa arrivare da qualche parte, ma imparare a stare nel cambiamento.
Questo rende il documentario particolarmente potente per chiunque abbia attraversato momenti di smarrimento, di ridefinizione, di rottura con l’immagine che gli altri avevano costruito. Il film non consola, ma accompagna. Non rassicura, ma apre spazi.
Perché questo film è su UAM.TV
Su UAM.TV crediamo che il cinema possa essere un luogo di consapevolezza, uno spazio in cui le storie non vengono consumate, ma attraversate. Best and most beautiful things incarna perfettamente questa visione.
È un film che invita ad ascoltare senza giudicare, a riconoscere che la vera crescita non passa sempre dall’adattamento. A volte passa dal coraggio di restare fedeli a ciò che si è, anche quando questo rende il percorso più incerto.
Guardarlo significa accettare un invito gentile ma radicale: smettere di chiedersi cosa sia normale e iniziare a chiedersi cosa sia vero.
Un invito alla visione
Best and most beautiful things non è un film da guardare distrattamente. È un’esperienza che chiede attenzione, ascolto e apertura. E che, proprio per questo, riesce a lasciare un segno.
Le cose migliori e più belle, ci ricorda questo documentario, non hanno bisogno di essere viste. Basta sentirle.
Citazione d’autore
“Le cose migliori e più belle del mondo non possono essere viste né toccate: devono essere sentite con il cuore.”
Helen Keller
Consiglio consapevole
Durante la visione, prova a sospendere il bisogno di interpretare o classificare. Lascia che il film ti accompagni senza fretta. A volte, il primo passo per vedere davvero è disimparare ciò che credevamo di sapere.







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