Il tempo circolare: ciò che finisce per poter ricominciare
- Redazione UAM.TV

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Nel punto più profondo della notte, il tempo cambia direzione

Il solstizio come soglia
Il solstizio d’inverno non è un evento che accade all’improvviso. Non esplode, non irrompe, non chiede attenzione. È una soglia silenziosa. Il momento in cui il buio raggiunge il suo massimo e, proprio lì, smette di crescere. Non perché la luce trionfi, ma perché qualcosa cambia direzione.
Il 21 dicembre segna questo punto invisibile. La notte più lunga dell’anno. E allo stesso tempo l’inizio, impercettibile, del ritorno della luce. Un paradosso che dice molto più di quanto sembri.
Un tempo che non va in avanti
Viviamo immersi in un’idea di tempo lineare. Un tempo che corre, accumula, produce. Un tempo che pretende sempre un dopo migliore, più grande, più veloce. In questa visione, ciò che finisce è un fallimento. Una perdita. Uno spreco.
Il solstizio racconta un’altra storia. Parla di un tempo circolare. Un tempo che non avanza, ma ritorna. Che non conquista, ma ripassa. Che non elimina ciò che è stato, ma lo integra.
Nel tempo circolare la fine non è una sconfitta. È una condizione necessaria. Nulla può rinascere se prima non si è fermato. Nulla può cambiare forma se resta identico a se stesso.
Il valore di ciò che si chiude
Il solstizio ci invita a guardare ciò che si è concluso. Non con nostalgia, non con giudizio. Con onestà. Ci chiede di riconoscere ciò che ha fatto il suo ciclo. Relazioni, idee, abitudini, ruoli. Tutto ha un tempo. E ignorarlo significa restare bloccati in una stagione che non ci appartiene più.
Nella natura, nulla fiorisce tutto l’anno. Nulla cresce senza pause. L’inverno non è un errore del sistema, ma parte del sistema stesso. È il tempo in cui le energie si ritirano, le radici si rafforzano, la vita si prepara senza mostrarsi.
Restare nel buio senza scappare
Il punto più profondo del solstizio non è la promessa della luce futura, ma la capacità di stare nel buio presente. Senza anestesie. Senza distrazioni continue. Senza dover riempire ogni spazio di rumore e attività.
Accettare il tempo circolare significa anche questo. Accettare che esistano momenti di non chiarezza, di sospensione, di apparente immobilità. Momenti in cui non si deve decidere tutto, capire tutto, risolvere tutto.
Il solstizio ci ricorda che anche l’attesa ha una sua intelligenza.
Ricominciare senza forzare
Quando la luce torna, lo fa lentamente. All’inizio è quasi impercettibile. Un minuto in più al giorno. Un cambiamento che si vede solo se si sa osservare.
Questo è forse l’insegnamento più prezioso. Le vere trasformazioni non fanno rumore. Non si annunciano. Non chiedono applausi. Avvengono nel tempo, attraverso piccoli spostamenti di direzione.
Il tempo circolare non promette rivoluzioni immediate. Promette continuità. Promette che ciò che è stato può diventare nutrimento per ciò che sarà, se siamo disposti a lasciarlo andare nel modo giusto.
Abitare il ciclo
Il solstizio non è una celebrazione da consumare in un giorno. È un invito da abitare. A riconoscere i cicli nella nostra vita. A non opporci alle chiusure. A non temere i vuoti. A fidarci dei ritorni.
In un mondo che ci spinge a correre sempre avanti, fermarsi su una soglia può essere un atto radicale. Guardare il buio senza fretta. Sentire il tempo che cambia direzione. E ricordare che ogni fine autentica è già, in silenzio, un inizio.
Citazione d’autore
“C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato.”
Qoèlet
Consiglio consapevole
Nel giorno del solstizio concediti uno spazio di quiete reale. Spegni per un momento le distrazioni, siediti al buio o alla luce tenue di una candela e chiediti cosa, nella tua vita, ha completato il suo ciclo. Non cercare subito risposte. Ascolta. Il tempo circolare parla piano, ma con grande precisione.




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