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Santa Lucia: attraversare il buio per riconoscere la luce

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    Redazione UAM.TV
  • 13 minuti fa
  • Tempo di lettura: 4 min

La notte più lunga non come fine, ma come passaggio

Santa Lucia: attraversare il buio per riconoscere la luce

La notte più lunga come esperienza umana


Nel cuore dell’inverno, quando le giornate sembrano ritrarsi e la luce si fa esitante, il calendario porta con sé una figura antica e silenziosa. Santa Lucia cade a metà dicembre, in un momento dell’anno in cui il buio sembra avere la meglio sul giorno. La tradizione popolare lo riassume con un detto che tutti, prima o poi, hanno sentito pronunciare: “Santa Lucia, la notte più lunga che ci sia”. Un’espressione che va oltre il dato astronomico e tocca qualcosa di più profondo. Parla della percezione del tempo, della fatica dell’attesa, della sensazione di trovarsi in un punto di passaggio in cui la luce sembra lontana.

Anche se oggi sappiamo che il solstizio d’inverno cade qualche giorno dopo, il proverbio continua a vivere perché descrive un’esperienza condivisa. Ci sono momenti dell’anno, e momenti della vita, in cui il buio non è solo fuori ma dentro. Santa Lucia diventa allora una data simbolica, un riferimento collettivo per riconoscere che esistono notti lunghe, reali o interiori, che chiedono di essere attraversate.


Lucia, un nome che nasce dalla luce


Il nome Lucia deriva da lux, luce. Un paradosso solo apparente, se si pensa che questa figura viene celebrata proprio quando la luce sembra mancare. Lucia nasce a Siracusa, terra mediterranea, luminosa, aperta al mare. Eppure la sua memoria si radica nel tempo dell’oscurità. In questo scarto tra origine e celebrazione si nasconde uno dei significati più potenti della sua storia.

La luce di Lucia non è una conquista immediata. Non è il bagliore che cancella le ombre, ma quello che resiste quando l’oscurità è dominante. È una luce che non promette soluzioni rapide, ma presenza. Una luce che non elimina il buio, ma lo rende abitabile. In questo senso, Santa Lucia non è solo una santa della tradizione cristiana, ma una figura simbolica che parla a chiunque abbia attraversato momenti di incertezza, di perdita di orientamento, di visibilità ridotta.


Il buio come tempo necessario


Nella cultura contemporanea il buio è spesso percepito come qualcosa da evitare. È associato all’errore, alla fragilità, alla paura. Tutto spinge verso l’illuminazione costante, verso la chiarezza immediata, verso l’idea che ogni zona d’ombra debba essere subito rischiarata. Eppure il buio ha una funzione fondamentale. È il tempo della gestazione, del riposo, della trasformazione silenziosa.

Dire che Santa Lucia segna la notte più lunga significa riconoscere che esistono fasi in cui non è possibile vedere tutto. Fasi in cui la vita chiede di rallentare, di accettare l’incertezza, di rinunciare temporaneamente al controllo. Il buio non è una deviazione dal percorso, ma parte del percorso stesso. Senza attraversarlo, la luce che segue sarebbe superficiale, priva di profondità.


Vedere senza accecare


Santa Lucia è spesso associata agli occhi, alla vista, allo sguardo. Non tanto come funzione fisica, ma come capacità simbolica di vedere. Vedere nonostante tutto. Vedere anche quando le condizioni non sono favorevoli. La luce che porta non acceca, non invade, non impone. È una luce discreta, che permette di distinguere senza annullare le ombre.

In questo senso, Santa Lucia propone un altro modo di intendere la conoscenza. Non come illuminazione totale, ma come progressiva messa a fuoco. Ci sono verità che emergono solo nel buio, solo quando il rumore si abbassa, solo quando si smette di pretendere risposte immediate. La notte più lunga diventa allora uno spazio di apprendimento, non un ostacolo da rimuovere.


Le candele e il silenzio


In molte tradizioni del Nord Europa, Santa Lucia viene celebrata con candele accese, con processioni lente, con canti sommessi. È una festa che non alza la voce. Non c’è spettacolo, non c’è trionfalismo. C’è un gesto semplice e potente: portare luce nel buio senza fare rumore. Le candele non illuminano tutto, ma indicano una direzione.

Questa ritualità racconta una pedagogia sottile. La luce non ha bisogno di imporsi per essere efficace. A volte è sufficiente che resti accesa. In un’epoca in cui tutto chiede attenzione immediata e visibilità costante, Santa Lucia suggerisce un’altra postura. Quella della vigilanza silenziosa, della cura, della presenza discreta.


Una lezione per il tempo presente


Il messaggio di Santa Lucia parla con forza anche al nostro tempo. Viviamo immersi in una luce continua, artificiale, spesso stancante. Eppure, nonostante l’illuminazione permanente, cresce la sensazione di smarrimento. Forse perché non ogni luce aiuta a vedere. Forse perché senza accettare il buio, la luce perde significato.

Santa Lucia ricorda che esistono momenti in cui non serve accelerare, produrre, dimostrare. Esistono tempi in cui è più saggio custodire una piccola fiamma, proteggere ciò che resta acceso, anche se fragile. La notte più lunga non è una condanna, ma una soglia. Un punto di passaggio che prepara, lentamente, il ritorno del giorno.


Non spegnersi nella notte più lunga


Santa Lucia non promette scorciatoie. Non dice che il buio finirà subito. Dice che la luce tornerà. E che nel frattempo il compito umano non è vincere l’oscurità, ma non spegnersi. Restare presenti. Restare vigili. Restare fedeli a quella piccola luce che, anche quando sembra insufficiente, è già abbastanza per attraversare la notte.


Citazione d’autore

“Dove c’è molta luce, l’ombra è più profonda.”

Johann Wolfgang von Goethe

Consiglio consapevole

In questi giorni di buio, concediti spazi di silenzio e di rallentamento. Riduci le luci superflue, fuori e dentro di te. Accendi una piccola luce reale o simbolica e osserva ciò che emerge quando non cerchi subito chiarezza. Anche la notte più lunga che ci sia può diventare un tempo fertile, se abitata con attenzione.


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