Rallentare è un atto rivoluzionario
- Redazione UAM.TV
- 20 lug
- Tempo di lettura: 4 min
La lentezza come scelta consapevole in un mondo che corre

C’è una domanda che dovremmo farci più spesso: perché corro?
Corro per arrivare prima. Per non deludere. Per sentirmi all’altezza. Corro perché tutti corrono. Perché mi hanno detto che il tempo è denaro, che chi si ferma è perduto, che solo i primi vengono ricordati.
Ma cosa accade quando il corpo si stanca, quando la mente non regge più, quando la vita sembra sfuggirci di mano senza un vero perché?
Forse in quel momento nasce il bisogno profondo di fermarsi. Di respirare. Di guardare davvero. Di rallentare, non per pigrizia, ma per consapevolezza.
E in quel gesto apparentemente semplice, può iniziare una vera e propria rivoluzione.
La velocità come veleno culturale
Viviamo nell’epoca dell’iper-connessione e dell’iper-produzione.
Tutto deve accadere in tempo reale: le notizie, le emozioni, le risposte. Siamo passati da un tempo ciclico, legato alle stagioni e alla terra, a un tempo lineare, incalzante, che non lascia tregua. Un tempo sempre in ritardo rispetto a sé stesso.
La nostra identità è spesso misurata in base a quanto facciamo, a quanto produciamo, a quanto dimostriamo. “Sei veloce” è diventato un complimento.
Eppure, a forza di correre, abbiamo smesso di sentire.
Abbiamo dimenticato com’è restare in silenzio senza imbarazzo, osservare il cielo senza volerlo fotografare, leggere una pagina senza pensare già alla prossima.
La velocità è diventata una trappola invisibile: ci fa sentire attivi, ma ci rende spesso vuoti.
La lentezza non è inerzia. È ascolto.
C’è una differenza profonda tra il fermarsi e il non muoversi.
La lentezza non è immobilità, ma presenza. È la scelta, lucida e coraggiosa, di ascoltare ciò che accade dentro e fuori di noi, invece di reagire sempre e comunque.
Essere lenti significa avere il tempo di osservare un volto, di accogliere una domanda, di lasciare che una ferita si racconti.
Nella lentezza c’è spazio per l’empatia, per la cura, per l’immaginazione.
In un mondo che misura il valore in termini di prestazione, rallentare è come dire: io non sono una macchina. Sono un essere umano. E voglio vivere come tale.
Ritrovare il ritmo naturale
Tutti nasciamo con un ritmo. Lo si sente nel battito del cuore, nel respiro di un bambino addormentato, nel passo di chi cammina immerso nella natura.
Ma crescendo, quel ritmo ci viene sottratto. Veniamo educati a “tenere il passo”, anche quando quel passo non è il nostro.
Così iniziamo a vivere in una costante disonanza temporale, facendo tutto troppo in fretta, o troppo tardi. Mangiamo senza gustare. Dormiamo senza riposare. Facciamo vacanze piene quanto le nostre agende di lavoro. E ci chiediamo perché non ci sentiamo mai davvero vivi.
Rallentare è ritrovare sintonia con il corpo, con la terra, con i cicli naturali.
È ascoltare le stagioni dentro di noi: i periodi fertili e quelli di riposo, i momenti di fioritura e quelli di apparente silenzio, in cui però tutto si prepara, tutto matura.
È una spiritualità concreta, fatta di piccoli gesti quotidiani. Ed è forse la forma più radicale di guarigione che possiamo offrirci.
Pratiche di lentezza quotidiana
Spesso ci chiediamo: da dove cominciare?
La verità è che basta poco. Ma quel poco richiede una scelta consapevole.
Rallentare significa:
Ritrovare il corpo, abitando le sue sensazioni. Una camminata a piedi nudi sull’erba può insegnarci più di mille libri.
Liberare il tempo da ciò che lo consuma inutilmente. Dire dei “no” può aprire mille “sì” autentici.
Coltivare il silenzio, non come vuoto, ma come spazio creativo. Il silenzio ascolta, guarisce, orienta.
Cucinare con lentezza, lasciando che i profumi ci guidino.
Essere presenti in ciò che facciamo: che si tratti di lavare i piatti, scrivere una lettera o ascoltare un amico.
Dare valore alla noia. Sì, anche lei. Perché nella noia può nascere la domanda giusta, il sogno dimenticato, la scintilla nuova.
Non è necessario cambiare tutto. È sufficiente un gesto al giorno per invertire la direzione del tempo interiore.
Lentezza come dissenso creativo
Rallentare è anche un atto politico e culturale.
In un mondo che premia la produttività e l’efficienza, scegliere la lentezza è come dire: io non ci sto.
Non accetto un modello di vita che mi vuole sempre in corsa, sempre performante, sempre “connesso” ma mai in contatto.
La lentezza ci restituisce il diritto al tempo umano, il tempo delle relazioni, del pensiero critico, della contemplazione, dell’arte. È un dissenso silenzioso ma potente, che scardina dall’interno le logiche del consumo e del profitto.
Non a caso, molti movimenti spirituali e filosofici hanno sempre promosso la lentezza come via per la liberazione. Dal Taoismo al Buddhismo, dalle comunità indigene al pensiero di Ivan Illich, fino ai movimenti contemporanei come la Slow Life o la Decrescita Felice: tutti ci invitano a fare spazio, non a riempire.
Le storie che ci aiutano a rallentare
Su UAM.TV, molti contenuti raccontano questa trasformazione interiore. Per citarne alcuni:
Any step is a place to practice - Tutto il silenzio ha origine qui Ambientato in un tempio giapponese, il documentario indaga la relazione del funambolo Andrea Loreni con il vuoto e il silenzio...
In-Coscienza Una profonda esplorazione della coscienza in una narrazione stimolante che intrecciale vite di 13 personaggi diversi, ognuno dei quali offre una prospettiva unica su ciò che significa essere consapevoli e vivi.
Antonio, spirato da un sogno ricorrente, parte per il Messico alla ricerca di se stesso... "Tobí Tobí " è una parola Mazateca che significa "una cosa alla volta" e sarà proprio questa la chiave per ritrovare se stesso.
Un invito a riscoprire la gioia della lentezza in un mondo sempre più frenetico, attraverso storie di vita e insegnamenti profondi...
Queste storie sono semi. Ci chiedono di essere custoditi. E magari, un giorno, fioriranno in nuove forme di vita, più lente, più vere, più piene.
Citazione d’autore
"Viviamo come se fossimo eterni, ma corriamo come se non avessimo più tempo. Solo la lentezza ci restituisce l'eternità del presente."
Christian Bobin
Consiglio consapevole
Scegli oggi un gesto che normalmente fai in fretta e trasformalo in un piccolo rituale di lentezza. Che sia preparare il caffè, salutare qualcuno, o chiudere gli occhi cinque minuti prima di dormire. Rendilo sacro. Perché nel gesto lento, vive la presenza. E nella presenza, vive tutta la vita.
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