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Memoria e accoglienza: il diritto a essere visibili

  • Immagine del redattore: Redazione UAM.TV
    Redazione UAM.TV
  • 3 ott
  • Tempo di lettura: 3 min

Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione

Memoria e accoglienza: il diritto a essere visibili

Il ricordo che diventa compassione


Ogni anno, il 3 ottobre, l’Italia celebra la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione. Non è un rito vuoto, ma un atto necessario per mantenere vivo il legame con centinaia di vite spezzate in mare. Ogni nome perso tra le onde è una voce che chiede di non essere dimenticata. In questo giorno il ricordo diventa compassione, trasformandosi in invito a cambiare la nostra coscienza collettiva. Ricordare è opporsi all’indifferenza, è dire che nessun corpo può essere trattato come scarto, che nessun sogno può affondare nel silenzio.


La ferita di Lampedusa


Il 3 ottobre 2013 un barcone con oltre 500 migranti si rovesciò a poche miglia da Lampedusa. Morirono 368 persone. Altre centinaia riuscirono a salvarsi, ma nessuno dimenticò le urla, l’odore di carburante, il buio spezzato dalle fiamme. Quel giorno aprì una ferita ancora sanguinante, simbolo di un’umanità divisa tra chi tende la mano e chi costruisce barriere. La tragedia di Lampedusa non è una pagina del passato, ma un avvertimento che ci chiede di assumere responsabilità nel presente.


Accoglienza come pratica di appartenenza


Accogliere non è un favore. È riconoscere che chi arriva è parte dello stesso destino umano. Accoglienza significa offrire spazi di dignità, scuole che aprono alle differenze, città che si trasformano in luoghi di convivenza. È un gesto politico e spirituale allo stesso tempo: guardare chi fugge non come un estraneo, ma come un fratello che porta con sé un frammento di mondo. Una società che sa accogliere diventa più forte perché fa della diversità la sua radice vitale.


Il coraggio di raccontare


Molti migranti sopravvissuti ai naufragi hanno condiviso testimonianze di dolore e di speranza. Raccontare non è facile: significa riaprire ferite, rivivere paure. Ma ogni racconto è un atto di coraggio che restituisce visibilità a chi la società vorrebbe cancellare. Le storie personali diventano allora patrimonio comune: ci insegnano la resilienza, la forza di sperare, la capacità di cercare vita oltre ogni limite.


Conversazione immaginaria con una vittima di Lampedusa


Immaginiamo di sederci accanto a una delle 368 anime rimaste nel mare la notte del 3 ottobre. La voce è calma, senza rancore, ma piena di dignità:


“Perché sei partito?”

— “Perché la mia terra non aveva più pane né pace. Ho lasciato la mia famiglia con la promessa di tornare un giorno con un futuro migliore. Credevo che il mare fosse una prova, non una tomba.”


“Cosa avresti voluto dire al mondo?”

— “Che non cercavamo ricchezza, ma solo sicurezza. Non eravamo invasori, eravamo cercatori di vita. Ogni volto accanto a me era una speranza che non voleva spegnersi.”


“Cosa ti fa più male?”

— “Sapere che molti, a terra, hanno distolto lo sguardo. Come se fossimo numeri e non persone. Il dolore non è affondare, è essere dimenticati.”


“Che messaggio lasci a chi vive oggi?”

— “Non lasciate che il mare diventi una frontiera di morte. Trasformatelo di nuovo in ponte, in respiro, in incontro. Solo così la mia storia non sarà stata vana.”

Questa voce immaginaria ci ricorda che dietro ogni vittima ci sono sogni interrotti, famiglie che attendono, speranze che meritano di vivere ancora nelle nostre scelte quotidiane.


Comunità che accoglie, città che cura


Una città che accoglie costruisce ponti di fiducia. Significa creare spazi di lingua e cultura condivisa, offrire servizi inclusivi, educare i più giovani alla bellezza della diversità. Significa, soprattutto, non lasciare solo nessuno. Le comunità che sanno aprirsi diventano focolai di pace e non di paura. In questo senso l’accoglienza è anche un atto di cura verso sé stessi: nel proteggere l’altro, proteggiamo la nostra stessa umanità.


Conclusione


Il 3 ottobre non è soltanto una data, è un testimone. Ci consegna la responsabilità di ricordare le vittime del mare e di trasformare la memoria in impegno. Ogni vita perduta nel viaggio verso la speranza ci chiede di non rimanere indifferenti. Accogliere non significa soltanto aprire le porte, ma permettere che la dignità di ogni essere umano resti intatta. Solo così la memoria diventa forza per costruire un domani più giusto e consapevole.


Citazione d’autore

«Il rispetto per i diritti altrui è la pace.»

Benito Juárez

Consiglio consapevoleDomani dedica dieci minuti a leggere o ascoltare la testimonianza di un migrante. Non per pietà, ma per riconoscerne la dignità e lasciare che la sua storia ti trasformi.


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