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Il vaccino di Santiago- Giorno X- La donna in bianco

  • Immagine del redattore: Massimiliano Selvaroli
    Massimiliano Selvaroli
  • 30 ago 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Giorno X – Hornillos del Camino


450 km circa ancora da percorrere


Ho incontrato una donna in bianco.


Così come in una notte si era creato il gruppo, è bastata una giornata per dividerlo. Si rimane amici, insieme sulle applicazioni, ma ognuno cammina per sé stesso. Un po’ ne sono contento, il Camino Di Santiago è un’esperienza individuale ed era quello che cercavo. Alcuni sono rimasti insieme, ma io non volevo né una comitiva, né una festa. Volevo rimanere solo e affrontare le mie ombre.


Nel frattempo sono successe molte cose.


La caviglia destra mi fa male, ho paura. È lievemente più gonfia del normale.

In questi giorni un ragazzotto spagnolo, non molto alto, biondo e con il viso da simpaticone ha dovuto mollare: infiammazione del tibiale anteriore.


La paura di non riuscire a chiudere questa esperienza è troppo forte.


Passo in farmacia,


prendo le creme necessarie e mi impacchetto la gamba. Una specie di cotechino al cartoccio dove al posto della zampa di porco c’è la mia, al posto della salsa una crema antinfiammatoria e come cartoccio una normale pellicola da cucina.

Cammino per due giorni così, impacchettato, tra lo stupore della gente e le risa degli amici.


Arrivo in albergo intorno alle 15, come ogni volta le solite pratiche del check-in: il timbro sulle credenziali, la bustina con il lenzuolino mono uso, una specie di clinex gigante che serve ben poco e che durante la notte passi a sistemare per evitare di poggiare la testa sul materasso di plastica.


Prendo possesso del mio posto, lascio lo zaino accanto al letto e decido di mangiare qualcosa. Porto con me sempre un po’ di pane e del pomodoro, questa volta ho solo il pane e un poco di olio in una boccetta che tengo ben chiusa per evitare che faccia casino dentro lo zaino.


Scendo le scale, vado verso la cucina e chiedo di poter comprare un pomodoro alla proprietaria che stava mangiando.


Lei si alza da tavola, apre il frigo, mi porge il tomate e mi dice che è gratis. Ringrazio, sorrido, ma tanto non si vede perché siamo tutti e due coperti dalle maledette mascherine.


Vado verso la sala da pranzo, mi siedo e comincio ad affettare il pane con il mio fidato coltellino svizzero, arriva la proprietaria dell’albergo, una signora sulla sessantina, elegante e piacevole, più vicina allo stile british che a quello spagnolo di un paesino sperduto, mi porge un bicchiere di vino dicendo: se bevo vino anche tu lo bevi. No, non è lei la signora in bianco.


 Dopo qualche istante torna con un piatto di paella accompagnato dalla stessa frase e per finire porta anche la frutta.


La condivisione e una delle cose fondamentali del Cammino. Avevo le lacrime agli occhi. So che alcuni avrebbero voluto un finale soft/hard, nulla di tutto questo.

Solo la mia sensazione che finalmente qualcuno si stesse occupando di me senza chiedere nulla in cambio.


I piedi mi fanno male, zoppico, ho le piante piene di vesciche, mi trascino a testa bassa lungo i sentieri e i paesini deserti, continuo a ripetere a me stesso che forse ho esagerato, 720 km a piedi? che senso ha? Ma i miei piedi continuano a trascinarmi in avanti.


Continuo a guardare a terra, cercando di raggiungere la pietra successiva, il dolore arriva direttamente al cervello, conto i passi per non pensare alle fitte delle vesciche.


Una voce mi chiama.


Sono nel bel mezzo del nulla, poche case e qualche capannone abbandonato, penso di avere le allucinazioni. Alzo la testa vedo una piccola chiesa senza nessun tipo di scultura o colonna ornamentale, una specie di capanna di mattoni, una panchina e una croce di legno sulla porta aperta.


Una donna in bianco, minuta, mi sorride. Mi chiede in spagnolo come mai io mi lasciassi trascinare dai pensieri pesanti e non dallo spirito leggero.


Mi fermo, mi accascio con il peso sulle bacchette che mi aiutano a non cadere a terra, la guardo, lei mi sorride ancora e mi invita ad entrare nella Chiesa-capanna.

Non sono mai stato un gran credente, non so se dovrei dirglielo.


Passo la porta di legno, mi siedo su una delle poche panche, mi guardo intorno: poche cose, nulla a che vedere con le chiese di Roma o le cattedrali spagnole. Mi sono sempre chiesto chi fosse la persona che decide e distribuisce le statue delle chiese.


Qualche quadro, un crocefisso, un paio di ceri accesi e un altare spoglio con accanto un vecchio leggio.


La donna vestita di bianco si avvicina e mi chiede di lasciare un pensiero scritto sul suo quaderno, poi mi fissa negli occhi e mi dice: fai in modo che a trascinarti siano i tuoi progetti e i tuoi sogni, non le tue pene e i tuoi dolori.


Ho incontrato una signora in bianco e i piedi mi facevano un po’ meno male.


Puoi seguire il mio viaggio anche attraverso il mio profilo Instagram @mase.ph




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