Giornata dell’Infanzia: custodire ciò che il mondo non dovrebbe mai perdere
- Redazione UAM.TV

- 16 ore fa
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I diritti dell'infanzia, troppo spesso negati o dimenticati.

Un giorno che ci chiede di fermarci
Il 20 novembre il mondo celebra la Giornata dell’Infanzia, una ricorrenza che troppo spesso attraversa il calendario in silenzio. Forse perché riguarda i bambini, e i bambini sono silenziosi solo quando smettiamo di ascoltarli. È una giornata che non invita alla retorica ma al rispetto. A guardare verso ciò che dovrebbe essere intoccabile e invece ogni giorno viene ferito. A comprendere che la fragilità è un patrimonio. E che la cura non è un dovere istituzionale ma una responsabilità umana.
Il mondo che raccontiamo ai bambini
La Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, firmata nel 1989, sembra parlare un linguaggio semplice. Dice che ogni bambino ha diritto a essere protetto, amato, nutrito, ascoltato. Ma a distanza di più di trent’anni quelle parole sono ancora un promemoria urgente. Perché il mondo reale racconta un’altra storia. Racconta la storia di guerre in cui i più piccoli non hanno mai voce, ma hanno sempre le conseguenze. Racconta la storia di un pianeta dove si è dovuto gridare “Definisca bambino”, come se l’umanità avesse perso la capacità di riconoscere ciò che è ovvio.
Eppure i bambini non chiedono molto. Chiedono solo che il mondo non sia troppo grande, troppo veloce, troppo crudele per loro. Chiedono che qualcuno rimanga al loro fianco mentre imparano a nominare la paura e la meraviglia. Chiedono che gli adulti non dimentichino chi erano.
Infanzia non è passato, è possibilità
Spesso parliamo dell’infanzia come di qualcosa che abbiamo già attraversato, come se fosse un capitolo chiuso. In realtà l’infanzia è un’idea che continua a vivere dentro di noi, anche quando diventiamo adulti e iniziamo a chiuderci dietro il rumore delle scadenze e delle responsabilità. Ogni volta che ci concediamo di stupirci, ogni volta che scegliamo la gentilezza, ogni volta che ci domandiamo se stiamo facendo la cosa giusta, quella parte torna a respirare.
Per questo la Giornata dell’Infanzia non è soltanto un invito a proteggere i bambini. È un invito a proteggere la parte più fragile e luminosa che ci portiamo dentro. La parte che vede ciò che è ingiusto e non si abitua. Che sa distinguere il bene dal male senza bisogno di sovrastrutture. Che non ha paura di dire “non va bene”.
Educare oltre l’educazione
In un mondo che corre e pretende prestazioni anche da chi non ha ancora imparato a scrivere il proprio nome, educare significa prima di tutto restituire spazio. Significa insegnare che l’emozione non è una debolezza. Che il gioco non è uno spreco di tempo. Che la lentezza è un diritto. Che il mondo non deve essere temuto, ma attraversato con consapevolezza.
Educare significa anche spogliarsi delle nostre rigidità. I bambini assorbono ciò che siamo ben prima di ciò che diciamo. Se mostriamo rispetto, impareranno a rispettare. Se sappiamo chiedere scusa, impareranno a farlo. Se scegliamo la nonviolenza, capiranno che esiste un modo diverso di abitare il mondo.
E allora, forse, questa giornata ci chiede una rivoluzione dolce: tornare a essere adulti che non spaventano, ma accompagnano. Che non impongono, ma indicano. Che non proteggono con muri, ma con presenza.
Il futuro che comincia adesso
Non possiamo sapere che mondo erediteranno i bambini di oggi. Ma possiamo fare in modo che, qualsiasi esso sia, non debbano attraversarlo da soli. Possiamo insegnare loro la lucidità, l'empatia, la capacità di sollevare domande. Possiamo mostrare, con l’esempio, che il coraggio non è fare rumore, ma scegliere la giustizia quando nessuno guarda.
La Giornata dell’Infanzia è un richiamo discreto e potentissimo. Ci ricorda che ogni bambino porta con sé un seme di futuro. E che a noi spetta il compito di non soffocarlo con le nostre paure, i nostri conflitti, i nostri automatismi. Un mondo che protegge i bambini è un mondo che ha deciso di proteggere anche sé stesso.
Citazione d'autore
"Ogni bambino che nasce ci dice che Dio non è ancora stanco degli uomini."
Rabindranath Tagore
Consiglio consapevole
Oggi concediti un gesto semplice: ascolta un bambino, davvero. Non rispondere, non spiegare. Ascolta soltanto. In quell’ascolto c’è la memoria di ciò che eravamo e la promessa di ciò che possiamo ancora diventare.




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