Se soffri in silenzio, costi di più: il paradosso dei farmaciper animali e il valoredell'amore non detto
- Redazione UAM.TV

- 26 lug
- Tempo di lettura: 5 min
Un viaggio tra affetto, giustizia e disuguaglianza, dove la compassione si scontra con la logica del profitto.

Il silenzio che preoccupa
Quando aprì la porta di casa, si accorse subito che qualcosa non andava.
Il silenzio era diverso dal solito. Non un momento di quiete, ma un vuoto. Una mancanza che si sentiva nell’aria. Nessun rumore di zampe sul pavimento, nessun miagolio di saluto, nessun movimento alla finestra dove lui, di solito, lo aspettava. Come se l’intera casa avesse trattenuto il respiro.
Lo trovò accovacciato in un angolo, le orecchie basse, il respiro breve e irregolare, gli occhi socchiusi. Non si alzava. Non mangiava. Non reagiva nemmeno alla sua voce. Sembrava essersi ritirato dentro di sé, come se stesse cercando di risparmiarsi.
In quei momenti, ogni pensiero si fa piccolo, irrilevante. Resta solo l’urgenza. La corsa. Il bisogno di fare qualcosa. Prese il trasportino, lo avvolse con delicatezza in una coperta e si precipitò verso la clinica veterinaria, con il cuore che batteva troppo forte per distinguere paura e speranza.
Una cura semplice, un sistema complicato
Il medico lo accolse con attenzione e garbo. Lo visitò con calma, toccando, ascoltando, osservando con l’esperienza di chi ha già visto molti corpi malati e molti occhi stanchi. Dopo qualche minuto, arrivò il verdetto: una condizione risolvibile. Nulla di grave, almeno per il momento. Serviva solo una terapia di base: una compressa da somministrare due volte al giorno.
Fu un sollievo. Un nodo che si scioglie. Una speranza che torna a respirare.
Il veterinario cominciò a scrivere la prescrizione, ma a metà si fermò. Esitò. Poi alzò lo sguardo, con quel tipo di espressione che precede una verità scomoda.
“Le dico solo questo: il farmaco veterinario che devo prescrivere ha un costo piuttosto elevato. Il principio attivo è esattamente lo stesso della versione per uso umano, con lo stesso dosaggio. Ma noi, per legge, dobbiamo indicare questa.”
Posò la ricetta sul tavolo, poi aggiunse, quasi in confidenza:
“Se vuole risparmiare, può chiedere al suo medico di base una ricetta per la versione umana. Oppure, in farmacia, a volte… se si spiega bene, la danno lo stesso.”
Il tono era gentile, ma nel suo sguardo si intuiva una frustrazione antica. Non era la prima volta che pronunciava quella frase. Né, probabilmente, sarebbe stata l’ultima.
Le tre lettere che cambiano tutto
Una volta a casa, aprì la scatola con la solita attenzione. Ma stavolta, spinto dal dubbio, lesse ogni riga con cura. E ciò che trovò confermò in pieno quanto il veterinario gli aveva appena confidato.
Il principio attivo era identico. Stesso dosaggio, stessa concentrazione. Persino il nome commerciale era lo stesso.
C’era solo una differenza: tre lettere stampate in piccolo sull’etichetta.
Vet.
Tre lettere che, da sole, bastavano a moltiplicare il prezzo. Due volte tanto. Tre. Anche sei, a seconda del farmaco.
Per la stessa molecola. Per lo stesso effetto. Per la stessa esigenza di cura.
E allora la domanda si fece strada da sola, come una lama sottile: com’è possibile?Chi stabilisce che la stessa cura debba costare di più, solo perché destinata a chi non può parlare?
Domande senza risposte
Provò a cercare spiegazioni. A razionalizzare. A dare un senso logico a quel paradosso. Ma le risposte che trovava erano vaghe, elusivamente tecniche.
C’era chi parlava di normative sanitarie diverse tra esseri umani e animali.
Chi faceva riferimento ai costi di produzione, ai controlli, alle licenze.
Chi si rifugiava dietro sigle e numeri.
E chi, semplicemente, alzava le spalle.
Nessuno, però, diceva la verità. Nessuno ammetteva l’essenziale.
Che questa differenza di prezzo non è giustificata da motivi clinici. Che non ha nulla a che vedere con la qualità. Ma tutto a che fare con l’idea — disturbante e non detta — che la vita di un animale valga meno.
Vale meno anche se soffre allo stesso modo. Vale meno anche se si affida completamente a noi. Vale meno perché non può protestare, né fare causa. Perché non può scrivere lettere indignate o manifestare davanti a un ministero. Perché non ha voce.
E in questa disuguaglianza silenziosa, c’è tutto ciò che non funziona nel nostro rapporto con la vita.
Il valore della vita silenziosa
Chi ha vissuto accanto a un animale lo sa.
Lo sa nella carne, non solo nella mente.
Non esistono vite inferiori.
Esistono creature che sentono, che soffrono, che si fidano. Che ci guardano senza parole, e ci amano senza condizioni. Che ci scelgono ogni giorno, senza bisogno di spiegarcelo.
Eppure, proprio quel silenzio — così puro, così disarmante — viene interpretato come assenza di valore. Come se la sofferenza che non urla potesse essere ignorata. Come se l’amore che non parla potesse essere monetizzato.
E allora la domanda che resta è semplice, ma spietata: quanto vale davvero una vita che ci ama senza parole?
Se il farmaco è identico. Se la cura è la stessa. Ma il prezzo è sei volte superiore, allora l’equazione è fin troppo chiara:
Se il farmaco costa sei volte tanto,
la vita che deve salvare vale sei volte di meno.
Non è scritto in nessuna legge. Ma si legge ovunque.Negli scontrini. Nei silenzi. Nella rassegnazione di chi, pur sapendo, non può fare altro che obbedire.
La scelta che possiamo ancora fare
Forse non possiamo cambiare tutto da un giorno all’altro.
Forse certi meccanismi sono profondamente radicati.
Ma questo non significa che dobbiamo accettarli passivamente.
Parlarne è già un gesto di giustizia. Informarsi, confrontarsi, porre domande scomode è un modo per non diventare complici inconsapevoli.
E scegliere consapevolmente, ogni volta che possiamo, è già un passo verso un modello diverso.
Un mondo più giusto comincia dal modo in cui trattiamo chi dipende da noi. Da come ci comportiamo di fronte a chi non può difendersi, ma ci guarda con totale fiducia.
Cambiare sguardo è il primo passo.
E da lì, tutto può cominciare a muoversi.
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In un mondo che spesso dimentica il valore della vita non umana, è fondamentale coltivare uno sguardo nuovo. Su UAM.TV trovi documentari, conferenze e testimonianze che approfondiscono il legame profondo, spirituale ed etico tra esseri umani e animali.
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Citazione d'autore
"La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali."
Mahatma Gandhi
Consiglio consapevole
Ogni volta che ti prendi cura di un animale, ricorda che stai custodendo una forma d’amore che non ha bisogno di parole. Non accettare passivamente le logiche di mercato che cercano di monetizzare la compassione. Informati, chiedi alternative, sostieni pratiche etiche. Ogni piccolo gesto consapevole è un passo verso un mondo in cui la vita — tutta la vita — conta davvero.






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