La rivincita della terra: il ritorno di 190 km² alla tribù Yurok
- Redazione UAM.TV
- 10 giu
- Tempo di lettura: 5 min

Un evento simbolico e concreto
All’inizio di giugno 2025, la tribù Yurok ha visto il ritorno di 47.000 acri (circa 190 km²) di terra ancestrale lungo il fiume Klamath, grazie a un accordo di 56 milioni di dollari mediato dalla Western Rivers Conservancy. Si tratta del più grande gesto di “land back” nella storia della California moderna, con il trasferimento completato il 30 maggio 2025.
Un lascito di lungo corso: per 23 anni, la tribù ha negoziato, collaborato, raccolto fondi in una resistenza paziente ma decisa .
Queste terre, storicamente usate per pesca, raccolta di nocciole, riti spirituali, torneranno sotto la gestione diretta del popolo Yurok, che prevede programmi di rigenerazione ambientale, restaurazione di habitat fluviali, gestione forestale tradizionale, controlli alle specie invasive e supporto al salmone chinook .
Una lunga ferita: la storia delle espropriazioni
Per comprendere davvero il significato del ritorno delle terre ai Yurok, è necessario ripercorrere le tappe della lunga e dolorosa spoliazione delle terre indigene, che ha avuto luogo in California per oltre due secoli. Una ferita aperta che, per troppo tempo, è stata ignorata dalla storia ufficiale.
Tutto ebbe inizio nel tardo XVIII secolo, quando l’arrivo delle missioni spagnole inaugurò un sistema coloniale fondato sulla sottomissione culturale, religiosa ed economica delle popolazioni native. Le terre vennero “temporaneamente” confiscate per costruire chiese, ranch e insediamenti: ma col tempo, quei territori divennero proprietà permanente della Chiesa e dei coloni. Le comunità indigene vennero trasformate in forza lavoro, private dei propri riti e della propria lingua.
Con la nascita della Repubblica del Messico, nel 1821, le missioni furono ufficialmente secolarizzate e le leggi stabilirono pari diritti civili per tutti. Ma nella realtà, per i popoli nativi le cose non cambiarono: le terre furono ridistribuite tra i nuovi proprietari terrieri, mentre le comunità indigene continuarono a vivere in condizioni di servitù, emarginazione e spossessamento.
L’arrivo del governo statunitense nel 1848, dopo l’annessione della California, aprì uno dei capitoli più drammatici: la corsa all’oro. In nome del progresso e dello sfruttamento minerario, intere regioni abitate da secoli dai popoli originari vennero invase, disboscate, inquinate. I Yurok furono tra i più colpiti: persero oltre il 90% del loro territorio tradizionale. Migliaia di nativi morirono in pochi anni a causa di massacri, deportazioni forzate e nuove malattie. Il fiume sacro Klamath divenne teatro di violenze e distruzione.
Nel 1855 fu creata una riserva federale lungo il Klamath, apparentemente per “proteggere” gli Yurok e le comunità vicine. Ma si trattava di una tutela apparente: già pochi anni dopo, il governo iniziò a vendere porzioni di quella stessa riserva a compagnie forestali e privati bianchi, mentre i nativi venivano relegati ai margini, senza diritti di proprietà reali.
La situazione peggiorò ulteriormente con l’approvazione della Dawes Act nel 1887, una legge che smembrava le riserve tribali in piccoli appezzamenti individuali. L’obiettivo dichiarato era “civilizzare” i nativi insegnando loro la proprietà privata secondo il modello europeo-americano. In realtà, fu un colpo devastante: i terreni venivano distribuiti ai singoli membri della tribù, ma tutto ciò che restava “in eccesso” veniva messo in vendita, frammentando il territorio tribale e aprendo la strada a nuove ondate di speculazione. Nacque così il cosiddetto sistema “a scacchiera”, dove i pochi lotti nativi erano circondati da proprietà private e inaccessibili.
Nel giro di pochi decenni, la maggior parte delle terre indigene era passata di mano. I Yurok si ritrovarono con meno del 10% dei loro territori ancestrali, e senza più accesso diretto al fiume, ai boschi e ai luoghi sacri. Una diaspora interna, spesso invisibile, ma devastante: non solo fisica, ma spirituale e culturale.
Questa lunga storia di espropri, violenze istituzionalizzate e assimilazione forzata è ciò che rende il ritorno delle terre Yurok, oggi, un atto tanto potente. Perché non si tratta solo di un risarcimento. È una riconciliazione. Una riapertura del cerchio. Un riconoscimento tardivo ma necessario del diritto a custodire ciò che per millenni è stato chiamato semplicemente casa.
Geografia sacra: il fiume Klamath e l’identità Yurok
Per i Yurok, “il fiume è il sangue della gente”: un essere vivente che dà vita, senso e identità. Prima della colonizzazione europea, la loro economia, cultura e spiritualità ruotavano interamente attorno al Klamath, dalle cerimonie sacre alla pesca del salmone, elemento sacro e nutriente.
La perdita del controllo su queste terre ha portato al crollo delle popolazioni di salmoni, al dilagare di alghe tossiche e a un impoverimento culturale profondo – un trauma ambientale e identitario ancora oggi percepibile.
La strategia della rinascita: foreste, carbon credits e sovranità
Negli ultimi decenni i Yurok hanno adottato un modello innovativo: gestione tradizionale combinata con la vendita di crediti carbonio, inserendosi nei mercati californiani della decarbonizzazione e generando fondi per riacquisto delle terre .
Dal 2009 a oggi hanno riacquistato circa 57.000 acri, convertendoli in “Blue Creek Salmon Sanctuary” e “Yurok Community Forest”: un modello ecologico e sostenibile tripartito tra cultura, biodiversità e autonomia economica.
Il movimento “Land Back” e uno stile di vita alternativo
Il caso Yurok si inserisce in un movimento più ampio, presente in almeno 15 Stati USA, dove negli ultimi 10 anni sono stati restituiti quasi 12.000 km² di terre ai popoli indigeni, riconoscendo il ruolo delle conoscenze tradizionali nella lotta ai cambiamenti climatici .
Questo approccio riconosce che i popoli indigeni, quando mantengono la gestione del territorio, preservano biodiversità e resilienza ambientale in modo più efficace rispetto alle riserve statali o industriali.
Oltre il ritorno materiale, un significato civile e spirituale
🌱 Ecologia vivente
Con la gestione Yurok ritornano tecniche come i fuochi controllati, che migliorano la salute della foresta e del sottobosco, ottimizzando l’habitat per il salmone e gli animali.
🛡️ Restituzione culturale
Questa restituzione non è solo economica, ma restaura ritmi e riti, ricucendo un legame interrotto da secoli e rafforzando l’identità collettiva della comunità Yurok.
🎯 Politica di autodeterminazione
Reagire contro le politiche dello Stato e del mercato significa riaffermare la sovranità tribale: la gestione delle proprie terre, risorse, cultura e futuro.
Approfondimento UAM.TV
Se sei interessato a questi temi ti consigliamo la visione in UAM.TV del documentario I am the river the river is me.
Il fiume Whanganui in Aotearoa/Nuova Zelanda è il primo fiume al mondo ad essere riconosciuto come persona giuridica, come essere vivente e indivisibile. Il guardiano del fiume Māori Ned Tapa invita un Anziano delle Prime Nazioni dall'Australia e sua figlia, attivisti impegnati a salvare il loro fiume morente in patria, a un viaggio in canoa di cinque giorni lungo questo fiume sacro. Realizzato in un periodo di tre anni, in stretta collaborazione con i Māori di Whanganui, il film è un invito positivo e urgente all'azione per i diritti della natura: ora il movimento legale in più rapida crescita al mondo.
Citazione d'autore
“La Terra non ci è stata lasciata in eredità dai nostri antenati, ma data in prestito dai nostri figli.”
Proverbio dei Nativi Americani Hopi
Consiglio consapevole
Dedica qualche minuto a riflettere sul luogo in cui vivi: conosci la sua storia, chi lo abitava prima di te, quali alberi, fiumi o animali ne custodivano l’anima? Riconoscere il passato è il primo passo per vivere in armonia con ciò che ci circonda.
Comments