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Il giorno in cui il velo si assottiglia

  • Immagine del redattore: Redazione UAM.TV
    Redazione UAM.TV
  • 2 nov
  • Tempo di lettura: 3 min

Vivere sapendo di morire, per scoprire che nulla finisce davvero

Il giorno in cui il velo si assottiglia

La soglia invisibile


Ci sono giorni in cui l’aria è più sottile. In cui i suoni sembrano arrivare da lontano e la realtà si fa trasparente come un velo.

Il 2 novembre è uno di quei giorni.

Le antiche culture lo riconoscevano come il tempo in cui i mondi si sfiorano, quando i vivi e i morti respirano lo stesso silenzio. Non è un giorno di paura, ma di verità. È l’attimo in cui la vita ci ricorda che ogni cosa è transitoria; e che proprio in questa transitorietà si nasconde la bellezza.


La morte come maestra


Viviamo in una società che evita la parola “morte” come se fosse contagiosa. Ma ignorarla non la cancella.

Riflettere sulla nostra fine non è un esercizio di pessimismo, ma di libertà. Quando accettiamo che tutto ciò che amiamo è destinato a cambiare forma, impariamo ad amare davvero, senza possesso.

“Vivere sapendo di morire” significa riscoprire l’urgenza del presente, la gratitudine per ogni gesto, la luce di ciò che resta quando smettiamo di voler trattenere tutto.


Anime in cammino


Forse non finiamo davvero. Forse siamo onde in un mare che non conosce confini.

Le antiche tradizioni spirituali — dal buddhismo tibetano alla filosofia vedica — parlano dell’anima come di un viandante che attraversa molte forme, imparando a ogni passo.

E oggi anche la scienza sembra sussurrare la stessa intuizione: nulla si distrugge, tutto si trasforma. La coscienza potrebbe non essere un prodotto del cervello, ma una realtà più vasta, che il corpo solo ospita per un tempo.


Il respiro dei due mondi


In certe notti — e questa è una di quelle — il confine tra le dimensioni si dissolve.

Le candele tremolano come se qualcosa respirasse accanto a noi, e il pensiero corre a chi abbiamo amato. Li immaginiamo presenti, non come ricordi, ma come presenze leggere.

È il momento in cui il velo si assottiglia e la vita ci mostra la sua doppia natura: visibile e invisibile, terrena e infinita.


La lezione dell’impermanenza


Ogni foglia che cade ci ricorda che morire è parte del ciclo naturale.

Non c’è nulla di tragico nel mutare, se impariamo a fidarci del ritmo dell’universo.

La paura nasce dal controllo, ma la pace nasce dalla resa. Quando comprendiamo che la vita non ci appartiene, ma ci attraversa, tutto si allenta: il dolore, l’ansia, perfino la morte.

Forse la vera immortalità è l’amore che lasciamo negli altri, la luce che continua a filtrare anche quando il corpo si spegne.


Conclusione: restare aperti al mistero


Il 2 novembre ci invita a un gesto semplice e rivoluzionario: fermarci.

Respirare, ricordare, accogliere il mistero senza volerlo spiegare.

In fondo, la morte non è il contrario della vita, ma la sua eco. È il momento in cui ciò che siamo davvero — la parte che non muore — torna a casa, per poi ricominciare il viaggio.


Citazione d’autore

“Non moriamo tutti i giorni? E non nasciamo ogni mattina?”

Christian Bobin

Consiglio consapevole

Prenditi un momento, stasera. Siediti in silenzio, accendi una candela e osserva la fiamma.

Immagina che bruci le paure, non i ricordi. Che illumini chi hai amato, ma anche te stesso.

Ogni respiro che fai è una soglia: tra ciò che finisce e ciò che continua, tra te e tutto ciò che vive.


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