Maradona: il dio che sbagliava
- Redazione UAM.TV

- 30 ott
- Tempo di lettura: 2 min
Oltre il calcio, l’uomo che ci ricordò che la luce ha bisogno dell’ombra.

L’altra metà del sogno
Qualche giorno fa abbiamo ricordato Pelé, l’uomo che trasformò il calcio in arte pura.
Oggi, in un naturale contrappunto cosmico, torniamo a parlare del suo opposto complementare: Diego Armando Maradona, nato il 30 ottobre 1960 a Villa Fiorito, Buenos Aires.
Se Pelé rappresentava l’armonia, Maradona incarnava il caos creativo. Dove l’uno danzava, l’altro combatteva. Dove l’uno sorrideva agli dèi, l’altro li sfidava.
In loro, il calcio ha trovato la sua dualità perfetta: il Sole e la Luna dello stesso universo.
E in entrambi, il mondo ha riconosciuto l’infinita complessità dell’animo umano.
Il bambino che non voleva arrendersi
Villa Fiorito non era un posto per sognatori. Eppure, tra la polvere e le baracche, un bambino con il pallone incollato al piede imparò che la vita non fa sconti, ma offre spiragli.
Ogni dribbling era una rivincita. Ogni gol, una dichiarazione d’amore al destino.
Quando Maradona entrò al “campo grande” - come chiamava il professionismo -non smise mai di ricordare da dove veniva. Lo portava scritto nel sangue, nella rabbia, nelle lacrime, nella gioia furiosa che sprigionava a ogni tocco.
Era un talento che non chiedeva permesso.
E questo lo rese, fin dall’inizio, più di un calciatore: un segno vivente di ribellione e speranza.
La mano di Dio e l’abbraccio degli uomini
Il 22 giugno 1986, allo stadio Azteca, il mondo vide l’impossibile.
Maradona toccò il cielo con la mano e, pochi minuti dopo, lo fece con i piedi.
“Un po’ con la testa di Maradona, un po’ con la mano di Dio”, disse lui stesso, senza ironia né vergogna.
Quel giorno, la sua umanità esplose davanti a tutti: inganno e bellezza, colpa e redenzione, luce e ombra nello stesso corpo.
Come se il calcio, attraverso di lui, confessasse di non essere mai stato solo sport, ma teatro dell’anima.
Il prezzo della divinità
Essere Maradona significava portare sulle spalle la devozione di milioni di persone e la fragilità di un uomo che non riusciva a proteggersi da sé stesso.
Il genio non gli apparteneva: lo attraversava, lo consumava, lo lasciava nudo di fronte al mondo.
I suoi eccessi, le sue cadute, non furono solo errori: furono la parte visibile del dolore di chi, amato come un dio, restò per sempre umano.
E forse è per questo che lo amiamo ancora: perché sbagliava come noi, ma lo faceva con una verità che nessuno ha mai osato nascondere.
L’eredità di un’anima libera
Maradona morì il 25 novembre 2020, ma non ha mai smesso di camminare tra gli uomini.
Ogni volta che un ragazzo gioca scalzo in un campo di periferia, ogni volta che qualcuno osa sfidare il potere con un sorriso, Diego è lì.
Non per vincere, ma per ricordarci che la libertà è un dribbling, una scintilla, una scelta che si paga ma che vale sempre la pena.
Pelé ci ha insegnato la perfezione.
Maradona ci ha insegnato la verità.
Citazione d’autore
“Se fossi nato in un quartiere ricco, non sarei mai diventato il giocatore che sono stato.”
Diego Armando Maradona
Consiglio consapevole
Non cercare la perfezione negli eroi: cerca l’autenticità.
È nelle crepe che passa la luce, ed è nell’imperfezione che l’anima si rivela intera.




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