Can’t Feel Nothing. Quando le emozioni diventano merce
- Redazione UAM.TV

- 29 ago
- Tempo di lettura: 5 min
Cosa ci sta facendo la rete? Qual è l’impatto di Internet su di noi?

C’è un filo invisibile che attraversa le nostre vite quotidiane, fatto di notifiche, like, messaggi e immagini che ci raggiungono senza sosta. Un filo che, spesso, più che connetterci, ci svuota.Il documentario Can’t Feel Nothing segue il regista e giornalista scientifico David Borenstein in un viaggio intimo e inquietante, nato da una confessione che appartiene a molti: non sentire più niente. Nessuna gioia autentica, nessuna tristezza reale, solo un vuoto emotivo che si diffonde come un virus silenzioso nella nostra società iperconnessa.
Il viaggio nelle emozioni manipolate
La forza del documentario sta nel mostrare come le emozioni, che dovrebbero essere la sostanza più pura della nostra umanità, stiano diventando strumenti di profitto e di potere.
Il percorso di David tocca luoghi e storie emblematiche: i troll che vivono provocando rabbia, le giovani donne trasformate in “fabbriche di amore virtuale” per i loro follower, i produttori di fake news che monetizzano la paura, gli scienziati che misurano la gioia con sensori biometrici.
Quello che emerge è una mostruosità silenziosa: la manipolazione sistematica dei cervelli, dei bisogni e delle emozioni, resa possibile da Internet e dai social media. Un meccanismo che svuota le persone dall’interno, mentre le illude di essere più connesse che mai.
E qui si rivela il paradosso più inquietante: molti credono di poter combattere questa distorsione proprio usando lo stesso strumento che la perpetua. È come tentare di spegnere un incendio aggiungendo altra benzina: il mezzo di liberazione diventa, in realtà, parte della catena.
L’eco che resta dentro
Guardando Can’t Feel Nothing non si resta indifferenti. L’eco delle storie narrate porta una domanda scomoda: quanto di ciò che sentiamo ogni giorno nasce davvero da noi e quanto ci viene indotto?
Eppure, tra i troll e gli algoritmi, tra influencer e dominatrici digitali, resta una possibilità: quella di tornare a relazioni autentiche, a uno sguardo sincero, a una parola detta senza filtri. Come ricorda lo psicoterapeuta Morten Fenger, incontrato in Danimarca dal regista, la via d’uscita è semplice ma rivoluzionaria: riscoprire la bellezza del reale.Uno degli intervistati lo esprime con una chiarezza disarmante: la soluzione è semplice e gratuita – uscire di casa e intrattenere rapporti con le persone.
Intervista a Thomas Torelli
D: Thomas, cosa ti ha colpito di più di questo documentario?
R: La sua capacità di trasformare un’esperienza personale – il vuoto emotivo del regista – in una lente per osservare la società intera. Ma soprattutto la rivelazione della mostruosità di ciò che sta accadendo: cervelli e bisogni umani vengono piegati e modellati da un sistema che usa le emozioni come leve di potere e guadagno. È un meccanismo tanto pervasivo da sembrare invisibile.
D: Pensi che la manipolazione emotiva sia un fenomeno nuovo o un’evoluzione di dinamiche antiche?
R: In realtà gli esseri umani hanno sempre manipolato le emozioni. La novità sta nella scala globale e nella tecnologia che lo rende possibile 24 ore su 24. E c’è un paradosso che trovo agghiacciante: molti cercano di ribellarsi a questo sistema usando gli stessi strumenti che lo alimentano, convinti che un post o una protesta online possano cambiare le cose. Ma così facendo restano intrappolati nello stesso circuito che denunciano.
D: In che modo un documentario come questo si inserisce nel percorso di UAM.TV?
R: UAM.TV nasce proprio per offrire contenuti che stimolino consapevolezza. Can’t Feel Nothing è un invito a fermarsi, a guardarsi dentro, a non accettare passivamente il vuoto emotivo come condizione normale. È un film che apre domande, e questo per noi è essenziale.
D: Da regista, anche tu hai fatto una scelta importante: quella di accompagnare i tuoi film nei tour di proiezioni. Perché?
R: Perché credo che il cinema non finisca con lo schermo. Già da molti anni ho scelto di promuovere e accompagnare i miei film di persona, in giro per l’Italia e non solo, proprio per stare a contatto con il pubblico. Ho bisogno di nutrirmi delle emozioni della gente, di ascoltare domande, di vedere sguardi. È un dialogo diretto e autentico che nessun social può restituire. Non voglio demandare tutto alla rete o agli algoritmi: la comunicazione vera nasce da un incontro reale, umano. È sicuramente una scelta faticosa dal punto di vista fisico, perché i tour richiedono energia e presenza costante, ma allo stesso tempo è incredibilmente costruttiva per l’anima. Ogni incontro lascia un segno e restituisce molto più di quello che dà.
D: Qual è, secondo te, la via d’uscita da questo intorpidimento emotivo?
R: Tornare al contatto umano. Coltivare la presenza, la lentezza, il silenzio. Ridurre la dipendenza dagli schermi e riscoprire la profondità delle relazioni reali. Non è facile, ma è possibile, e ogni piccolo gesto quotidiano conta. Lo dice bene uno degli intervistati: la soluzione è semplice e gratuita, uscire di casa e stare con le persone. È lì che nasce la vita vera.
D: Che messaggio vorresti che lo spettatore portasse con sé dopo la visione
R: Che non siamo condannati a non sentire. Possiamo scegliere di vivere emozioni autentiche, ma questo richiede coraggio: il coraggio di disconnettersi, di dire no agli automatismi, e di riconoscere il paradosso che ci ingabbia. Solo tornando al reale possiamo davvero liberarci.
Un invito alla visione
Can’t Feel Nothing è disponibile su UAM.TV la piattaforma che sceglie di dare voce a storie capaci di risvegliare coscienza e c
onsapevolezza. Guardarlo non significa solo informarsi, ma vivere un’esperienza che ci riguarda da vicino, perché mette in luce i meccanismi invisibili che agiscono ogni giorno dentro e attorno a noi.
Spunti di riflessione profonda
Dopo la visione, ti invitiamo a fermarti un momento e a porti alcune domande:
Quanto di ciò che provo nasce da me e quanto viene indotto dall’esterno?
Sono capace di distinguere un’emozione autentica da una manipolata?
In quali momenti della mia vita ho sentito la gioia più pura, la paura più vera, l’amore più semplice?
Sto cercando di combattere il sistema dall’interno di esso, cadendo nel paradosso, o sto creando spazi nuovi e liberi per la mia coscienza?
Riesco ancora a uscire di casa senza telefono e semplicemente incontrare persone, guardarle negli occhi, ridere con loro?
Forse la vera rivoluzione non è eliminare la tecnologia, ma riconoscere la sua doppia faccia: strumento di schiavitù se usato passivamente, strumento di liberazione se scelto con consapevolezza. Nessun algoritmo potrà mai sostituire un abbraccio sincero.
Citazione d’autore
“Nulla è più artificiale della perdita delle emozioni. L’essere umano nasce per sentire, non per essere misurato.”
Thomas Torelli
Consiglio consapevole
Dopo aver visto Can’t Feel Nothing, scegli un gesto semplice e autentico: esci di casa senza telefono e incontra qualcuno di persona. Parla, ridi, cammina insieme. Scoprirai che la più grande cura è sempre stata lì, gratuita, a portata di mano: la relazione autentica con gli altri.





Commenti