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Vivere mentendo: ecco Kaiser!

Se pensate che per arrivare alle vette del mondo sportivo occorrano ottime capacità, talento eccezionale e prestanza atletica, vuol dire che non conoscete ancora Carlos Henrique. Se conosceste lui e la sua storia, sapreste che c’è un’altra abilità in grado di far fare strada alla persona più inadeguata, un asso nella manica valido per qualsiasi mano abbiate scelto di giocare: l’inimitabile, innata abilità nel fingere. Questo documentario è la storia di Kaiser, il più grande truffatore del calcio.

Con la partecipazione di tutti i protagonisti degli anni ’80 e ’90 del calcio brasiliano, incluso lo stesso Carlos Henrique, Kaiser è una lucida e divertita ricostruzione di una folle storia di apparenze, inganni e spudorate menzogne. Le interviste ad alcuni dei volti più noti, incluso il leggendario Renato Portaluppi, detto il “Gaucho”, accompagnano le confessioni di Kaiser in un viaggio nella storia di un paese, del suo sport più amato e di un miliardario business globale.

La nascita di una leggenda dell’inganno

Partendo dalla sua infanzia nelle favelas, Kaiser ci accompagna nella vita dei giovani brasiliani, prima di Internet e dei social media, quando i riferimenti erano pochi ma solidissimi. Se oggi i calciatori sono delle superstar, in quegli anni erano esseri semi-divini, figure leggendarie attorno al quale ricamare storie su cui fantasticare. Selvaggi racconti di denaro, belle donne, feste e vita di lusso che si sedimentano nell’immaginario collettivo e creano un’aura lucente: lo status.

Ed è proprio quello che Kaiser vuole: la ricchezza, la fama, il successo… tutto senza dover mai giocare una partita! La cosa che stupisce, che lascia lo spettatore a bocca aperta mentre guarda, è che a poco a poco Kaiser riesce nel suo intento. Persino i testimoni, gli amici di infanzia e i colleghi (o potremmo dire “vittime”), narrano quegli eventi con un largo sorriso, come se a distanza di due decenni continuassero a non credere a quello che è successo.

Un documentario serrato e preciso come una fiction

Kaiser! suscita ilarità. La solidissima struttura narrativa con cui sono ricostruiti gli eventi dà a questo documentario la consistenza dello sceneggiato. Come se non stessimo guardando una storia vera, una ricostruzione, ma una commedia su un adorabile sparviero truffaldino. Del resto, nessuno degli intervistati afferma che Kaiser fosse una cattiva persona.

Kaiser mente, inganna, spergiura, scappa, truffa e alla fine sta simpatico a tutti. Perfino a chi perde milioni investendo su di lui. Perfino ai boss del crimine organizzato che non esitano a spararti per molto meno. Anche l’uomo di adesso, il calciatore/truffatore invecchiato che ha appeso al chiodo le sue bugie e le sue scarpette intonse, racconta la sua epica avventura con un sorriso sornione sulle labbra.

Ma quello che stiamo guardando non è il racconto di una bugia: quella che guardiamo è la verità. È una confessione, uno sguardo dietro le quinte di una pantomima, con tutti i suoi trucchi e le sue dolorose rivelazioni. Ed è qui che Kaiser!  non è più solo un divertito e incredibile racconto, ma un’opera documentaristica che guarda nelle profondità dell’animo di un uomo che voleva tutto.

Oltre alla storia vera, ci sono le verità di Kaiser

Un uomo che siede di fronte a noi, nascosto dietro due spessi occhiali da sole, eppure completamente aperto. Sciupato, abbattuto, deluso: il vero Kaiser, Carlos Henrique, si mostra nella sua scialba cucina, si apre il petto e ci mostra quel che rimane del suo dolore, del rancore nascosto dietro i suoi sorrisi, della sua voglia di rivalsa su una vita ingiusta. Senza giustificarsi, senza colpevolizzarsi, Carlos Henrique ci mostra cosa rimane di Kaiser quando il polverone si deposita.

Kaiser! non è un documentario sportivo, ma il documentario anti-sportivo per eccellenza. Attraverso un singolo uomo, ne esplora le dinamiche e le superficialità, le collusioni con i potenti e le illusioni del popolo. È una storia di simboli e desideri, carica di tensione e pathos, che coinvolgerà anche quelli che, come chi scrive, non sanno nemmeno cosa sia un “fuorigioco”. Un po’ come Kaiser.

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