
Poesia Senza Fine è il secondo film di una trilogia dedicata alla vita di Alejandro Jodorowski, diretto da lui stesso. Una storia surreale e teatrale, incentrata sul bisogno di amore e sulla scoperta della poesia.
Una biografia magica
Jodorowski riprende lo stile narrativo utilizzato in La Danza della Realtà: una narrazione semi-biografica, dove elementi passati e futuri si mischiano. Una sorta di psicanalisi chiusa in un biopic, dove gli elementi dell’inconscio e le sue simbologie emergono.
Poesia Senza Fine conferma il surrealismo di Jodorowski, le sue messe in scene talvolta pacchiane, ma sempre finalizzate a esprimere il mondo interiore del protagonista e dei personaggi che lo circondano.
Attraverso questa apertura di un inconscio collettivo, Jodorowski racconta la sua giovinezza, la sua famiglia, ma anche il Cile degli anni ’40 e gli ambienti letterari della sua città. Ne espone le ansie nascoste, le paure e le aspirazioni sotterranee, forze che ne dirigono il corso degli eventi.
E ovviamente, le stesse forze che dirigono il cuore del giovane Jodorowski, interpretato da adolescente e da giovane adulto dai suoi due figli, verso il cammino della poesia.
Un passato all’ombra del presente
La storia di Poesia Senza Fine è, nonostante l’approccio surrealista della sceneggiatura, tendenzialmente lineare. La storia che viene raccontata non ha sconvolgimenti nella causalità dei fatti e il tutto potrebbe essere riassunto in un bildungsroman, un romanzo di formazione di un giovane poeta.
Ma questa biografia non è che una riflessione sul passato, in cui lo Jodorowski presente, oramai anziano, interviene sugli eventi formativi. Ecco allora che si aprono spazi di contaminazione tra passato e futuro, dialoghi e digressioni tra la giovinezza e la vecchiaia.
E anche momenti di catarsi simbolica, in linea con i principi della psicomagia jodorowskiana: momenti che trasformano il film in un’opera di purificazione e liberazione per il regista stesso, oltre che per lo spettatore portato a immedesimarsi.
La poesia non finisce con il film
Questo aspetto di rottura temporale, questo strabordare del presente nel passato, non ha solo l’effetto di rompere le barriere dei momenti emotivamente più carichi del film. Quello che si rompe sono i limiti stessi del film: la poesia non finisce con esso.
Le scenografie, la sceneggiatura, la fotografia e gli attori non sono solo elementi per costruire un mondo credibile, ma anche i mezzi necessari che il regista utilizza per trasmettere una visione che arricchisca lo sguardo del pubblico.
In questo, è innegabile che Jodorowski sia un maestro. Il suo film Poesia Senza Fine non racconta solo la sua vita, ma ne analizza le privazioni amorose per spiegare il bisogno infinito di amore e di poesia. E, infine, arriva a chiudere i capitoli del passato del regista attraverso un finale sguardo unificatore.
Titolo: Poesia senza fine | |
Regia: Alejandro Jodorowski | |
Durata: 128′ | |
Genere: drammatico; biografico | |
Anno: 2016 | |
Paese di produzione: Francia; Cile |
Poesia Senza Fine è un esempio di psicomagia applicata al cinema. Se volete sapere di più su che cosa sia la psicomagia e come la si applichi, potrebbe interessarvi dello stesso autore il documentario Psicomagia: di cui potete leggere la nostra recensione Psicomagia: il teatro della mente secondo Jodorowsky

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Mi è piaciuto, inizialmente ho faticato ad entrare nella storia ma qualcosa dentro di me mi ha talmente coinvolta che non ho smesso di guardare… La follia che ti porta a ritrovare te stesso, a comprendere, amare perdonare… Un quadro dai mille colori, musica falsamente stonata…. 💖
Hai proprio ragione Simona! Inizialmente può lasciare spiazzati, ma in pochi minuti la poetica di Jodorowski riesce a catturare e non ti lascia più. Diventa un nuovo modo di vedere la realtà!