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Love Is All: il diritto di vivere e morire secondo Piergiorgio Welby

Sono passati quattordici anni dalla morte di Piergiorgio Welby, attivista per l’eutanasia e malato di distrofia muscolare. Love Is All è il suo autoritratto cinematografico, la storia della sua malattia e del suo percorso attraverso di essa.

Raccontata attraverso i suoi scritti, interpretati dai registi Francesco Andreotti e Livia Giunti, la storia di un uomo che attraverso l’amore e la tenacia ha saputo affrontare la vita nella sua interezza, abbracciando anche la morte.

UNA VITA SEGNATA DA UNA DIAGNOSI

La distrofia colpì Welby giovanissimo. Come lui stesso ci dice, furono le piccole cose a segnalarla: un inciampo in uno scalino, un bicchiere scivolato di mano.

Quando la diagnosi diventa ufficiale, l’ombra dell’invalidità ricopre il giovane, che assiste a un lento e progressivo peggioramento delle sue capacità fisiche. L’adolescenza, la giovinezza passata a girare l’Europa, vengono da lui attraversate con la consapevolezza di essere condannato, un giorno, all’immobilità.

Nonostante le terribili condizioni fisiche, Welby riesce ad andare avanti grazie a una forza motrice impareggiabile: l’amore. Amore per i suoi famigliari, amore per sua moglie Mina, amore per tutte le persone importanti della sua esistenza.

Quando il suo apparato respiratorio collassa, obbligandolo a vivere tramite la respirazione assistita, la sua aspra battaglia legale entra nel vivo: Welby non vuole più vivere, non a quelle condizioni. La sua scelta viene osteggiata dal sistema sanitario, dal governo italiano e dai movimenti cattolici. Il desiderio di Welby viene a lungo negato.

IL DIRITTO DI ANDARSENE

Il dibattito intorno al caso di Piergiogio Welby fu uno dei più accesi dei primi anni duemila in Italia. Un dibattito che vide contrapporsi il mondo più conservatore, ligio nella tutela assoluta della vita, a quello più progressista, incarnato in particolar modo dal Partito Radicale.

L’epicentro di questa bufera mediatica fu un uomo, la cui sensibilità e desideri sono stati oscurati da un’esposizione, fatta di numeri e diagnosi. Un uomo dall’animo poetico, che nell’arte ha sfogato ed espresso le paure e le aspirazioni di un malato terminale.

Ma soprattutto, un uomo che con la sua vicenda ha finito per diventare un simbolo, un esempio di quanto l’attaccamento alla vita, così naturale per ogni essere umano, possa finire per diventare un impedimento alla libertà altrui di gestirla come meglio si crede.

L’EREDITA’ DI WELBY

Love Is All raccoglie l’eredità poetica di Welby e la mette in un contesto visivo, trasponendo in immagine le parole e traducendone l’espressività artistica. Ne viene fuori un autoritratto, addirittura un’autoelegia.

Welby si racconta e racconta la malattia, il suo rapporto con essa, la prospettiva sulla vita acquisita attraverso di essa. Love Is All ci spinge, esteriormente, a riflettere sul diritto all’eutanasia. Ma ci spinge, a un livello più profondo, a riflettere sul senso della vita, su ciò che la rende dignitosa.

Per citare una vecchia canzone italiana: “La morte è insopportabile per chi non riesce a vivere”. Ecco, Welby espone la sua poetica per mostrarci che lui ha vissuto. Ha conosciuto amore in modo sconfinato, ha sopportato il lento decadimento del suo corpo e, giunto allo stremo, ha scelto lucidamente di non voler proseguire.

Welby, nonostante tutto, è riuscito a vivere. Forse non possiamo dire lo stesso di chi gli ha voluto negare così a lungo il diritto di morire.

Love Is All non è solo una biografia, ma un documento umano che potrebbe fare la differenza nella mente di chi ancora deve prendere una posizione in merito al tema dell’eutanasia. Potete vederne il trailer qui.

Regia: Francesco Andreotti, Livia Giunti
Genere: documentario, biografico
Durata: 60′
Paese di produzione: Italia
Anno: 2015
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