Le origini della Festa Nazionale del Gatto
La festa nazionale del gatto è una festa tutta italiana, nata nel 1990 a seguito di un referendum sulla storica rivista felina Tuttogatto, in cui si chiedeva ai lettori di suggerire la data ideale per festeggiare il nostro beneamato amico peloso.
Vinse il diciassette febbraio per i molteplici significati simbolici legati al numero 17 e al numero di vite di cui notoriamente dispone il gatto, appunto sette. Dunque una vita per sette volte.
Ma tale data fu scelta anche per il significato che ha l’anagramma della trascrizione in numeri romani, che da XVII si trasforma in VIXI, che significa ho vissuto e che dev’essere interpretata come un “ho vissuto ma, a differenza degli umani ho a disposizione molte altre vite”…
Fu preferito il mese di febbraio per il segno zodiacale che lo rappresenta, l’Acquario, segno proprio degli spiriti liberi, originali e imprevedibili.
E sappiamo che, la natura magica e spirituale del gatto, che si evince anche da queste associazioni numero-astrologiche, lo porta spesso oltre i limiti del mondo materiale per sconfinare nella quarta dimensione, dove ogni tanto scompare.
Il carattere dei gatti, tra severità e dolcezza.
I gatti hanno un carattere indipendente e deciso, che non indugia e non implora mai, che chiede perentoriamente ciò che gli è dovuto, e per questo alle volte sono affettuosamente indicati come i veri “padroni” nel rapporto uomo-gatto. Ma dietro questa “facciata” apparentemente severa e a volte imperscrutabile, si nasconde un universo di bellezza e dolcezza che emerge lentamente, giorno dopo giorno, nell’atto quotidiano del prendersi cura l’uno dell’altro.
Il gatto, ispiratore di mille storie
Nei secoli sono state scritte centinaia di migliaia di pagine sui gatti. Numerose religioni, come quella egiziana, quella buddhista e quella induista hanno assurto il gatto a entità divina e “tramite” tra il mondo materiale e quello spirituale. Il gatto fu definito di volta in volta il protettore della casa, l’urna dell’anima, un meditatore zen..
“Anche il più piccolo felino è un capolavoro”
Il nostro piccolo felino affascinò pittori, fotografi e scultori, primo fra tutti il grande Leonardo da Vinci, che nei suoi innumerevoli disegni lo rappresentò nelle sue movenze quotidiane, nell’atto di leccarsi il pelo, dormire, azzuffarsi o fare la posta ad una piccola preda, e lo mise anche in braccio ad una bellissima Madonna col Bambino, nel disegno preparatorio Studio per la Madonna del gatto del British Museum, affermando che “anche il più piccolo felino è un capolavoro”.


Il gattino di Lorenzo Lotto nell’Annunciazione di Recanati
E come dimenticare il gattino “attraversato” dal brivido sinistro del soprannaturale nella splendida annunciazione di Lorenzo Lotto a Recanati? Nel quadro il gattino spaventato che rizza il pelo e guarda in tralice l’angelo annunziatore, è diventato simbolo del nuovo materialismo rinascimentale e uno tra i momenti “topici” della storia dell’arte. Pensate, un sorianetto che fa la gobba…

Gatti, scrittori e poeti
Tornando alla contemporaneità, non possiamo non ricordare quanti scrittori tra Ottocento e Novecento hanno condiviso le loro vite con i gatti, raccontandone la bellezza e il mistero, trascorrendo le loro intere vite con questi animali morbidi, divertenti e misteriosi.
Ricordiamo primo fra tutti Hemingway, che nella sua casa di Key West in Florida ne ospitava a decine, i famosi e buffi gatti polidattilli, che avevano cioè più dita del normale per un’anomalia genetica.
E grandi amanti dei gatti furono poeti romantici come Charles Baudelaire, premi Nobel per la letteratura come T.S.Eliot e Doris Lessing, e intellettuali poliedrici come quell’ineffabile genio di Jean Cocteau, che addirittura aveva fondato nella Parigi tra il primo e il secondo dopoguerra, con altri amici gattari, l’esclusivo “Club degli amici dei gatti”, del quale purtroppo ancora oggi non si sa molto, avvolto com’è da una giusta aura di magia e gattità…
Ma è cosa degna di nota sapere che anche il nostro grande faber Fabrizio De Andrè fu per molto tempo presidente a Genova di una associazione che si prendeva cura dei gatti randagi della città.
E infine ricordiamo che poeti e scrittori come Shelley, e Gregory Corso, grandi sostenitori dei piccoli felini, sono sepolti nel meraviglioso cimitero acattolico di Roma, dove non a caso c’è una colonia felina, e dove giace anche il grande scrittore siciliano Andrea Camilleri, guarda caso un altro famosissimo gattaro…
Gatti, cinema e recitazione
Ma, dato che siamo una piattaforma di contenuti audiovisivi, non possiamo non provare a chiudere questa breve carrellata in onore del gatto nel giorno della sua festa, con qualche accenno al rapporto tra gatto e cinema. Nel cinema è sempre stato difficile farlo lavorare, pur essendo il gatto, notoriamente, un attore nato.
Questo soprattutto perché il verbo “lavorare” è molto distante dalla natura propria del gatto, che, com’è noto, non ha mai prestato, come invece ha sempre fatto il cane, i suoi servigi all’uomo.
E se proprio serve un gatto nella scena di un film, questi non è disponibile così, a comando. Bisogna lasciarlo fare, come l’indimenticabile Gatto, il tabby arancione di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany.
Eppure chiunque abbia un gatto in casa sa di che cosa sia capace. Di quali espressioni inquietanti, esplicite, penetranti ed efficaci. Si pensi ad esempio a quando smagrisce il muso ad arte per ottenere la sua cena, o a quell’espressione aggrottata di quando viene svegliato anzitempo, o di quella arrabbiata di quando viene lasciato solo a casa senza preavviso e senza servitù per uno o due giorni.
In conclusione sì, lo ammettiamo, abbiamo giocato ad antropomorfizzaare un po’ questo meraviglioso compagno di vita, ma lo abbiamo fatto in modo deferente, perfettamente consapevoli che mai Gatto vorrebbe essere come Uomo, essendo infinitamente superiore a lui, “unico animale a quattro zampe che è riuscito a farsi mantenere dall’uomo senza dover dare nulla in cambio” come ha scritto il poeta russo Kurt Tucholsky.
E concludiamo la nostra odierna elegia del gatto con questa bella citazione tratta dal libro Gatti leggendari e i loro umani di Heike Reinecke e Andreas Schlieper, uscito nel dicembre 2020, ed. Corbaccio e di cui vi consigliamo la lettura:
“Forse i gatti esistono semplicemente per dimostrarci che non tutto nella vita è questione di soldi…che possiamo trovare riparo in un mondo incantato, dove le fusa, i miagolii e le carezze valgono ancora qualcosa. Dove si può passare tutto il giorno a dormire e a dedicarsi alla propria toilette senza sentirsi dare del fannullone”.

E dunque ricordiamoci oggi, nel giorno della loro festa di dare un sovrappiù di carezze e croccantini ai nostri adorabili “fannulloni”, che tanto ci donano, senza saperlo…
Ph: Sebastiano Vianello
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